Liliana Madeo, “Donne cattive” tra cronaca e storia del secondo Novecento

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La casa editrice di Torino Miraggi ha ripubblicato a fine 2023 Il libro di Liliana Madeo “Donne cattive”, edito la prima volta nel 1999. Il testo mantiene tutto l’interesse e lo spessore di quando è uscito e al pregio di rinnovare la memoria di chi è vissuto nel secondo cinquantennio del Novecento, aggiunge quello di saper mettere in evidenza per le giovani generazioni gli snodi più significativi della storia politica, sociale e istituzionale italiana, di un periodo di grandi trasformazioni nel quale affondano le radici della nostra contemporaneità. In tredici capitoli emergono le storie di altrettante donne, che in modi diversi, a volte anche feroci e illegali, hanno cercato di ribellarsi a ruoli predeterminati e hanno costretto il Paese a interrogarsi; l’opinione pubblica ha reagito magari dapprima col tentativo di ribadire culture consolidate e tradizionali, ma si sono indotti nel pensiero comune interrogativi di fondo e col tempo modifiche nelle istituzioni. L’immediato dopoguerra in Italia fu sconvolto non solo da vendette politiche, ma da diversi delitti in cui erano coinvolte donne, cosa che provocò allarme, che non tardò a tradursi in disagio e insofferenza degli uomini rispetto al nuovo soggetto politico e sociale, le donne, che avevano ottenuto da poco il diritto di voto. Persino sulla rivista del partito Comunista “Vie Nuove” lo scrittore Libero Bigiaretti nel settembre del 1948 scrive: <<Adesso non paghe di una minacciosa superiorità numerica, non paghe d’essere pervenute a una pari dignità, adesso le donne ricorrono alle armi, uccidono con facilità impressionante – e prosegue con tono irridente – State attenti ragazzi … Un tempo la vista di un’arma da fuoco metteva addosso alle donne brividi di paura ed orrore, quanto la vista di un topo; adesso hanno ancora paura dei topi ma non più delle armi>>*.

La prima storia che Madeo racconta è il delitto efferato di Rina Fort che la sera del 20 novembre 1946 a Milano uccide Franca Pappalardo, la moglie del suo amante, e i tre figli. Il contesto storico sociale del dopoguerra, che Madeo ricostruisce abilmente, è quello che Silvio Lunari nella sua “Storia dell’Italia repubblicana” descrive come un tempo di “ stanchezza, rilassamento morale e sforzo di rimozione delle sofferenze più acute. Qua e là si offusca anche il rispetto della vita umana, l’alone di sacralità che solitamente la circonda e comunque il senso della sua assoluta preminenza su ogni altro bene individuale e collettivo”. Con efficacia l’autrice racconta le fasi del processo e le personalità di coloro che hanno avuto un ruolo nella vicenda. Se il Pappalardo appare decisamente come un vile, incapace, inetto, che approfitta della stessa Fort, le donne sono le vere protagoniste del processo, durante il quale le donne della famiglia siciliana di Pappalardo sfilano in nero, in difesa del figlio e della famiglia. In particolare la madre, la stessa che aveva istigato Franca ad accettare in silenzio il tradimento del marito per salvare le apparenze. Rina, l’assassina, la Belva, definita donna crudele e “accecata dalla gelosia”, darà molteplici e fantasiose versioni dei fatti, ma sarà alla fine giudicata unica colpevole e condannata all’ergastolo.

L’autrice tuttavia non tralascia di rivelare anche la sua difficile storia personale: era una contadina friulana, immigrata a Milano a sedici anni, lasciandosi alle spalle una serie di esperienze tragiche e si era illusa di potersi rifare una vita, vittima come molte donne di quel “sogno d’amore” che le porta ad accettare l’impossibile. Ancora una storia di cronaca nera ci fa conoscere la vicenda di Pupetta Maresca; bella, capelli corvini, spavalda e impavida, in una via affollatissima uccide il 4 ottobre del 1955 Antonio Esposito, “Totonno ‘e Pomigliano” che ritiene responsabile dell’uccisione del marito, Pasquale Simonetti, detto “Pasqualone ‘e Nola”. E’ una storia di vendetta, ancora una volta per amore, che scaturisce nel contesto dello scontro di due piccoli boss della camorra in ascesa per il controllo del mercato ortofrutticolo a Napoli. Al processo vengono messi in luce i cambiamenti economici e il ruolo della camorra al porto di Napoli nel dopoguerra che fanno capire all’Italia la corruzione e la violenza che regolavano il mercato all’ingrosso dei prodotti della terra. Se Pupetta Maresca, per molti simbolo della camorra, era “il prodotto e la vittima di un ambiente abituato a farsi giustizia da solo”, come la definì l’avvocato De Marsico”, il contesto in cui era maturata la vicenda “denunciava al mondo un intreccio di interessi che chiamavano in causa anche le istituzioni”.

Chi è stato bambino negli anni Cinquanta ricorderà i titoli e le foto dei rotocalchi dell’epoca sulla vicenda scandalosa del campione del ciclismo Fausto Coppi e Giulia Occhini. Gli adulti abbassavano la voce con tono allusivo, se c’erano nelle vicinanze i bambini, parlando della “Dama Bianca”, la donna che aveva abbandonato il marito e i figli per unirsi a Fausto Coppi, a sua volta sposato. La lenta evoluzione del costume e della morale in Italia ci viene raccontata con dovizia di riferimenti storici e legislativi sia attraverso la storia di personaggi noti e ricchi sia di semplici cittadini comuni dotati solo di dignità e coraggio. Così le vessazioni che dovette subire la coppia Coppi – Occhini, con la denuncia per adulterio e abbandono del tetto coniugale fino all’arresto della donna e al processo, non è più coinvolgente e rivelatrice della storia di due fidanzati toscani Nicola Bellardi e Loriana Nunziati. Lei , cattolica osservante decide di assecondare il futuro sposo che vuole sposarsi con rito civile. Nonostante gli ammonimenti della Chiesa i due si sposano in municipio, ma verranno scomunicati, con una serie di conseguenze nella vita pratica e lavorativa. Non si arrendono, sporgono denuncia al vescovo e al parroco che li ha additati come “pubblici concubini” fino a un processo che li vede sostanzialmente sconfitti. Siamo nel 1958, un anno di svolta, l’avvio del “miracolo economico” e l’istaurarsi di nuovi consumi, nuove culture, un secolarizzarsi dei costumi, ma si manifestano anche sensibilità diverse e dissensi all’interno della Chiesa, la quale tuttavia riesce a rispondere ancora solo con le classiche pene canoniche della sospensione dai sacramenti e della scomunica. Negli anni Sessanta si svolge la storia della diciottenne ragazza di Alcamo, Franca Viola, la ragazza rapita e violentata che si oppone al matrimonio riparatore e denuncia il rapitore. Il processo si celebra nel 1966 e diventa il simbolo di una Sicilia che cambia, come si disse allora, anche se lo storico Renda avverte che “L’emigrazione di un milione di persone partite dal’ 51 al ’71 diventa la più grande riforma isolana”.

Ricordiamo che la legge definitiva che ha abrogato il delitto d’onore e il matrimonio riparatore è del 1981. Particolarmente interessante la rievocazione del processo della Zanzara che porta in tribunale tre ragazzi del Liceo Parini di Milano colpevoli di aver riportato sul giornale scolastico “La Zanzara” gli esiti di una tavola rotonda da cui sono emersi pareri di giovani donne sull’ educazione sessuale, l’amore, la libertà sessuale. Significativa la contestualizzazione dell’episodio nelle ormai emergenti contraddizioni del miracolo economico e la ricostruzione che la scrittrice fa delle prime espressioni della contestazione giovanile negli anni Sessanta. “Sta per levarsi il vento del sessantotto”, il caso Zanzara e ciò che si sta muovendo nella società ne sono i prodromi. Ancora scandali e cronaca nera come il caso di Tamara Baroni e dell’industriale Bormioli e l’omicidio Casati Stampa portano alla luce cambiamenti nei costumi, in contesti sociali diversi; figure contraddittorie di donne fatali come Tamara Baroni e la marchesa Anna Casati, cercano una personale liberazione con le leve della bellezza, del sesso, della seduzione con le quali le donne hanno cercato di emergere quando non avevano altro potere. Sono storie che servono come arma di distrazione di massa in anni, fra il ’68 e il ’70, molto complicati per la storia politica del Paese. Cupa e disperante la figura di Doretta Graneris, diciottenne che con il fidanzato Guido Badin, stermina la famiglia per impossessarsi dell’eredità. L’ambiente in cui matura il delitto è quello del profondo Nord e dei balordi di destra. Siamo nel 1975. “Dopo di loro verranno i Pietro Maso , le sprangate per impossessarsi di un cellulare, di un orecchino, i frutti perversi del benessere e del vuoto intorno alle coscienze. Verrà una catena di “mostri” nati dal nulla e dal caso”. Doretta ne è stata l’antesignana.

Col termine volutamente generico di “donne cattive” Madeo intende non solo donne capaci di scelte a volte perverse, capaci perfino di dare la morte, ma soprattutto donne scomode, provocatorie, con progetti precisi e innovativi, donne scomode insomma e ci consegna ritratti bellissimi di donne coraggiose come Vera Pegna. Non aveva ancora trent’ anni quando nel 1962, con una formazione cosmopolita, proveniente da una famiglia di intellettuali antifascisti, non comunisti, pur non avendo mai vissuto in Italia inizia la sua avventura a Caccamo, nella Sicilia orientale. Si impegna nella organizzazione di Danilo Dolci, da cui poi si allontana delusa. Tenta allora di rendere operativa la sezione del PCI partecipando alle elezioni comunali, dove fino a quel momento gli aspiranti candidati erano stati eliminati dal capomafia Pasquale Panzeri ancora prima di essere messi in lista. Riesce ad entrare nel consiglio comunale, ma lo strapotere del capomafia, fiancheggiato dalla Dc locale, rende vani i suoi sforzi non solo nel Consiglio comunale, ma anche nella lotta dei mezzadri contro i proprietari terrieri. Dovrà infine andarsene, ma da una lettera della giovane segretaria della sezione del partito nel ’90 apprenderà che la situazione in Sicilia poco è cambiata dai suoi tempi.

Il quadro del femminismo italiano, dagli anni Settanta agli anni Novanta viene raccontato, nelle sue plurali sfaccettature e nella lunga lotta per il diritto di aborto attraverso la figura esemplare di militante di Lara Faletti. Da mondina fino all’università, riuscirà a laurearsi e nel ’72 la sua tesi di laurea diventerà un libro firmato da lei e da Clelia Boesi intitolato “Per il diritto di aborto”, che costituirà il corpus centrale della proposta di legge presentata alla Camera dall’onorevole Loris Fortuna.

Il libro si chiude con una panoramica sui difficili e lenti tentativi di cambiamento che le donne hanno cercato di operare all’interno della Chiesa e con la storia politica, mai facile per una donna, di Anna Donati, ex parlamentare, ex assessore, ecologista storica che è riuscita ad entrata nella “stanza dei bottoni”. Donna con una cultura dell’etica pubblica, convinta sostenitrice di una dialettica positiva tra politica e società civile, indica alle generazioni future la necessità di lavorare per il cambiamento delle regole della politica.

*Libero Bigiaretti, Le Donne sparano, in “Vie Nuove”, 3 ottobre 1948, n.39


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