Quel pasticciaccio brutto di Rosazza

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L’incresciosa vicenda in cui è incappato l’ispettore Callaghan vercellese, al secolo Emanuele Pozzolo, deputato di Fratelli d’Italia, spiega la natura della destra italiana, attualmente purtroppo al governo, meglio di qualunque trattato antropologico e di qualunque analisi politologica. Il Pozzolo, infatti, nel 2015 si lasciò andare a un tweet addirittura contro Obama, reo di voler provare a mettere sotto controllo la lobby delle armi, onnipotente in America, in seguito all’ennesima strage figlia di una mentalità da Far Wst e, ahinoi, tutelata persino dal Secondo emendamento della Costituzione di quel paese. “Strage in Oregon: per Obama è sempre e solo colpa delle armi. Eppure io non ho mai visto una pistola sparare da sola…” scrisse il nostro eroe.
Ora, a noi interessa poco la biografia del soggetto in questione, per quanto oggettivamente significativa. Ben più importante sarà,  invece, capire chi abbia utilizzato la sua pistola durante la festa di fine anno organizzata nella sede della Pro Loco di Rosazza da Francesca Delmastro, sindaca del paese nonché sorella del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Dellevedove. Lo sparo ha ferito il genero trentunenne di un agente penitenziario, membro della scorta di Delmastro, e ammetterete che, senza giustizialismi né speculazioni di sorta, sia utile accertare la dinamica dei fatti. Diciamo che derubricare l’accaduto a mero fatto di cronaca sia risibile, non foss’altro per le personalità coinvolte e il ruolo che ricoprono all’interno delle istituzioni.
Il vero punto politico, tuttavia, è un altro. Si tratta del trumpismo arrembante su entrambe le sponde dell’Atlantico e della perdita di freni inibitori da parte di questa destra che, ovunque nel mondo, sfruttando il vento della storia, che indubbiamente spira nella sua direzione e ne gonfia le vele, sente di poter fare qualunque cosa. Ma, soprattutto, si tratta di comprendere l’esatta natura di un partito, Fratelli d’Italia, che alle prossime Europee potrebbe superare il 30 per cento e che non sembra incarnare proprio il profilo di una moderna destra conservatrice. Non ricordano Angela Merkel, per intenderci.
Può, dunque, una leader che vorrebbe accreditarsi in ambito europeo avere al suo fianco una compagnia di giro che le provoca, al di là di ogni ragionevole dubbio, un imbarazzo al giorno? Può essere credibile quando si batte contro ogni forma di violenza, a cominciare da quella contro le donne, quando in casa sua c’è gente che rischia di trasformare in tragedia persino un momento di festa? Può onorare il giuramento che ha compiuto sulla Costituzione anti-fascista se dalle sue parti c’è un tale che si vanta di avere il busto del Duce dentro casa e di professione non fa il militante di base ma il Presidente del Senato? Può renderci orgogliosi di essere italiani (come ama dire lei), nell’anno in cui si celebra il centesimo anniversario del delitto Matteotti e l’ottantesimo di eccidi come quelli di Sant’Anna di Stazzema, San Terenzo Monti e Marzabotto, se un suo parlamentare, guarda caso proprio il Pozzolo, come ha ricordato Gad Lerner sul Fatto, “si arrabbiò moltissimo la primavera scorsa quando il sindaco della sua città, Vercelli, su proposta dell’ANPI, mi invitò a tenere l’orazione ufficiale del 25 aprile”, essendo per lui il noto giornalista “un ‘provocatore’, cioè la persona meno adatta a perseguire l’ormai necessaria ‘pacificazione nazionale'”?
Cara Meloni, perdonaci, ma il merito, che ti piace tanto come concetto, non può mai essere scisso dalla responsabilità. E una leader politica, specie se siede a Palazzo Chigi, non è responsabile solo delle proprie azioni ma anche di quelle che compie il suo entourage. Non vorremmo che i tuoi principali oppositori stessero diventando proprio i tuoi più accaniti sostenitori.
(Nella foto Emanuele Pozzolo)

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