Giornalismo sotto attacco in Italia

La nostra guerra mediatica. Conoscere, pensare, criticare sono le nostre uniche armi

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«Non ci sentiamo di spostarci da una zona di guerra vera verso una zona di conflitto mediatico». Lo hanno scritto Asaf e Tomer Hanuka, per motivare la loro decisione di non presenziare alla fiera Lucca Comics.

Guerra vera e conflitto mediatico. Da quando le ho lette, queste espressioni non smettono più di risuonare nella mia testa. La guerra vera piegata al conflitto mediatico, dove vale tutto e quindi non vale più niente.

Forse sarebbe il caso di fermarci a parlare di noi, noi qui e ora?

Noi che assistiamo alla “guerra in diretta” e ne siamo del tutto impreparati. Lo siamo stati con l’Ucraina, lo siamo oggi a Gaza. Annichiliti dalla pornografia del dolore, sommersi da immagini atroci che ci raggiungono in ogni momento e ovunque. Letteralmente aggrediti da una politica che duella con le vita delle persone, a colpi di tweet. Impantanati nel fuoco incrociato di accuse e contro-accuse. È vero? È fake? Ma in tempi di guerra la propaganda è grande, e il posizionamento è il suo profeta.

La “dittatura del posizionamento” è scandita rigorosamente dalla “polemica del giorno”, quella che ti costringe a stare di qua o di là qualsiasi sia “l’ordine del giorno” della schizofrenia mediatica: la pandemia, la guerra, il disastro di turno.

Ha vinto il “suprematismo dell’opinione”: devi avere un’opinione subito! anche a costo di schiacciare il processo necessario per farsela, un’opinione: la complessità, l’ascolto, il confronto.

E invece si corre a perdifiato tra una catastrofe e un’altra per essere “i primi”. Corri, corri in cerca della sparata più grossa, della dichiarazione suprema. E quale miglior alleato, nella corsa in velocità, dell’odio che gronda dalle tastiere, dalle pagine dei giornali, dagli schermi e dalle bocche degli opinionisti di turno in tv (turno inteso come turno di fabbrica, dal momento in cui a rotazione sono più o meno sempre gli stessi a prescindere dal canale).

“Da che parte stai?”, conta solo questo. Di qua o di là. E di corsa. Poco importa che, poi, dalla fretta di impugnare una bandierina smetti di chiederti quale sia il significato della bandierina da sventolare o bruciare.

Nel bel mezzo di un conflitto mediatico, non ci resta che disertare. Conoscere, pensare, criticare sono le nostre uniche armi.


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