La corsa risibile del mondo. “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Cameron, ed. Adelphi

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Un titolo assolutamente perfetto e irresistibile che attinge alla saggezza latina per consegnarla alla frenesia del presente. Con un titolo diverso, Un giorno questo dolore ti sarà utile, il romanzo di Peter Cameron edito da Adelphi, forse non avrebbe volato così alto e non avrebbe goduto di una presenza così pervasiva. Non si tratta di una lettura deludente, il dolore gelido eppur sanguinante che ne percorre le pagine, non è di quelli che può indurre indifferenza, ma probabilmente è proprio da quella frase che scaturisce il fascino che accompagna il lettore alla ricerca di indizi che possano condurre a trovare l’utilità promessa. Ed è ovvio restare intrappolati in quelle parole, perché a tutti capita prima o poi di incappare in un dolore insopportabile, di dover sorreggere macigni su spalle troppo deboli, di affrontare agonie corrosive, di avvertire i morsi della disperazione e nessuno si sottrae all’illusione di poter individuare alla fine la funzione e il senso di tanta sofferenza.
Cameron naturalmente non la indica questa benedetta utilità, la lascia intravedere in un futuro che il giovanissimo James non racconterà, conficcato in un difficile percorso di crescita interiore nel quale il domani rappresenta una grossa incognita da decifrare giorno dopo giorno. Qualcosa nell’insofferenza per le ipocrisie e le convenzioni sociali riporta alle atmosfere de Il giovane Holden, ma se quello di Salinger è romanzo di formazione, in Cameron il processo appare bloccato e non sembra che le esperienze vissute, talvolta provocatorie e trasgressive, producano vistose risonanze nell’interiorità di un personaggio sotto certi aspetti insondabile, specie quando aspetta passivamente che si manifestino gli effetti del suo agire o del suo ipnotico torpore.
La narrazione in prima persona, che concede ampio spazio a dialoghi efficaci, consente un’adesione immediata allo sguardo triste del protagonista. Adottare il suo punto di vista significa guardare il mondo da un’altra angolazione, quella di chi non si adatta alle dinamiche relazionali ritenute “normali”.
Quella di James è una famiglia complicata come tante altre, genitori separati, una sorella lontana e assorbita dai suoi piccoli problemi che ogni tanto concede barlumi di complicità, una nonna saggia e originale che è l’unica capace di ascoltarlo e soprattutto di accettarlo senza pretendere di cambiarlo. La madre passa da un matrimonio all’altro ‒ l’ultimo si concluderà durante il viaggio di nozze ‒ alla continua ricerca di un amore che possa colmare il suo vuoto, il padre osserva un po’ discosto questo figlio nel quale intravede con timore la diversità. A modo loro entrambi pensano di amarlo e non riuscendo a sintonizzarsi con il suo universo lo spingono a sedute di psicanalisi sterili ed inconcludenti.

Peter Cameron

James lavoricchia nella galleria d’arte della madre (ma cerca ossessivamente su Internet case nelle quali far dimorare la sua inquietudine) in attesa di accedere a studi universitari che non vuole intraprendere, ma verso i quali tutti lo spingono a forza come se quella di proseguire gli studi fosse una scelta ineluttabile. La rappresentazione del piccolo spaccato della galleria, quasi sempre deserta, è caustica e a tratti esilarante. L’ultima esposizione è quella di un artista giapponese che propone bidoni della spazzatura a 16.000 dollari l’uno e James sembra l’unico a mostrare qualche perplessità sulla presunta genialità dell’operazione, proprio lui che dall’angolino seminascosto del suo “disadattamento” elabora un pensiero razionale sulle mistificazioni presenti nel mondo dell’arte. Lì stringe amicizia con John, l’altro impiegato, ma anche questa sarà un’esperienza fallimentare e dolorosa, perché priva di una presa di coscienza reale del particolare approccio con il mondo esterno cui il ragazzo è costretto dai tortuosi percorsi della sua mente. Uno scherzo finito male, o forse sarebbe più corretto dire un vero e proprio tentativo di adescamento online, produce una serie di reazioni a catena che portano James al riconoscimento della propria omosessualità, dettaglio in fondo per lui insignificante.
Pian piano tutto si ricompone lasciando addosso al lettore un senso claustrofobico di prigionia. Si intuisce che James continuerà a vagare in un labirinto senza alcuna volontà di trovare vie d’uscita e che il disagio continuerà a camminargli a fianco. Più che alle persone, James attribuirà agli oggetti, quelli appartenuti alla nonna, il compito di una utilità futura, muti residui di ore serene, muti testimoni non giudicanti che sanno aspettare. Il mondo fuori invece continuerà la sua corsa, lasciando ai margini chi non riesce a mantenere il ritmo e chi procede con andatura anomala. Tanti, troppi. Arriveranno ugualmente sperimentando altre soluzioni, ma forse il loro dolore non sarà stato utile come sperato.

Peter Cameron
Un giorno questo dolore ti sarà utile
Adelphi Edizioni
pp.206
€ 12,00

La corsa risibile del mondo. “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Cameron, ed. Adelphi


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