Un campo minato per i giornalisti

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Almeno 29 giornalisti uccisi sinora nella guerra tra Israele e Hamas. 24 palestinesi, 4 israeliani, un libanese. La maggior parte dei reporter  caduti è a  Gaza dove ci sono state 8000 vittime civili sotto i bombardamenti israeliani. Anche i giornalisti sono civili uccisi. Stavano lavorando, cercando di raccontare a noi, che siamo lontani dai combattimenti, quello che sta succedendo a due milioni di civili bloccati in una striscia di terra grande un terzo di Roma, o come la provincia di Milano tra Abbiategrasso e Gorgonzola. Non c’è protezione per la stampa nella Striscia  ha detto Israele agli editori prima di interrompere le comunicazioni internet e dare avvio ai bombardamenti e all’operazione di terra di venerdì sera. Insieme alle migliaia di civili, tra le quali tanti bambini, muore cosi anche la libertà di stampa.Rimane solo la propaganda di guerra e la disinformazione che corre sui social. Sono tempi cupi per tutti, la rabbia e il desiderio di vendetta hanno fatto perdere lucidità di azione e di giudizio. Il mondo assiste attonito a quanto sta avvenendo, alcuni pregano che il conflitto non si allarghi nei paesi accanto e nelle nostre città, altri soffiano sul fuoco. I terroristi hanno tutto l’interesse a destabilizzare, perché la loro esistenza dipende da quanto riusciranno a dividere la comunità internazionale. Ecco perché serve una stampa responsabile che racconti i fatti, testimoni la sofferenza dei civili su tutti i fronti, non si schieri in un tragico derby di morte. I giornalisti dentro Gaza lo stanno facendo a rischio della loro vita; quelli israeliani, a partire dal quotidiano Haaretz  con coraggio ci stanno raccontando la complessità della società israeliana. I media americani sono pieni di opinioni diverse anche contrapposte. Sorge qualche dubbio davanti ad alcuni media di casa nostra che paiono atterrati per la prima volta sul pianeta  Terra il 7 ottobre, giorno del massacro di Hamas, e ignorano quindi tutto quanto successo negli anni precedenti. A questi marziani ricordo che qui sulla Terra abbiamo tanti libri di storia per colmare le loro lacune. Per l’imparzialità ci dobbiamo ancora organizzare. 


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