Addio Mimmo De Masi, il prof irriverente sempre attento agli ultimi

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Domenico (Mimmo per gli amici) De Masi era un docente irriverente, capace con il sorriso sulle labbra e poche battute (che penetravano come stilettate) di seppellire anche il più smaliziato anchorman televisivo in attività. Ne ha dato ampia prova nel maggio scorso chiamato a dibattere sull’invio di armi all’Ucraina, decisione definita catastrofica dall’emerito di sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma.
Amava assumere posizioni ispirate alla radicalità, al limite della provocazione intellettuale ma sempre ispirate ad una salda documentazione e profonda conoscenza dei temi. Un sociologo (ma in realtà molto di più di questa ristretta definizione) capace di coniugare insieme l’Alto ed il Basso della cultura contemporanea. Allo studio dei processi produttivi, dell’organizzazione del lavoro, dell’innovazione tecnologica, della formazione ha affiancato felici incursioni anche nell’analisi delle marginalità, delle strutture dell’informazione, delle feste popolari, della difesa dell’ambiente ma non si è sottratto ad impegni in qualità di organizzatore culturale. Tanto radicale, irriverente, intelligentemente provocatore che è entrato nel mirino della politica. Mimmo ed il suo collega Luciano Gallino (uniti dalla comune frequentazione e “illuminazione” di Adriano Olivetti) hanno anche subìto durissime critiche per i lavori dedicati al mondo del lavoro ed agli ultimi. Per Mimmo quelle critiche erano benzina che lo spingevano verso un impegno più serrato nella direzione che riteneva giusta.

Facile cadere nell’amarcord. Lo incontrai per la prima volta alla festa dei Gigli di Nola, che si tiene ogni anno a giugno in questo comune in provincia di Napoli. Festa religiosa e popolare ma con antiche radici pagane nei riti legati ai cicli della terra. Mimmo (allegro e agile come un furetto) guidava una agguerrita squadra di studenti dell’università Federico II di Napoli (dove allora insegnava) per coordinare sul campo una ricerca. Una delle mille che ha promosso. Ne ricordo tra l’altro quella dedicata ai “bassi”di Napoli, le antiche stalle e depositi dei palazzi storici diventate malsane abitazioni a basso costo per gli indigenti. Lavori sfociati in pubblicazioni, libri che hanno alimentato il dibattito sulla capitale del Mezzogiorno sui giornali, in tv. Ed ancora un’altra sul modo di vivere il tempo libero dei giovani nei diversi quartieri della città. Queste ricerche sono state il trampolino di lancio di studenti che oggi occupano posizioni di rilievo nel mondo giornalistico,  cinematografico, della pubblica amministrazione, dell’università e della ricerca. Tra i tanti pregi Mimmo aveva anche il merito di saper fare squadra, di riuscire a coinvolgere con il suo entusiasmo, cultura, intelligenza e simpatia i suoi studenti, da cui era amatissimo. Mimmo De Masi divenne negli anni settanta un marchio di fabbrica dell’università napoletana, una felice eccellenza.

Non sopportava la prevaricazione. Quando gli estremisti del movimento studentesco esondavano dai canoni del rispetto non aveva paura di opporsi. Anzi era un invito a nozze. Così come si è tenuto lontano dalle lusinghe della politica che più volte ha tentato di coinvolgerlo in prima persona.

Accanto al rigore di docente, sfoggiava una irrefrenabile simpatia che lo portava a frequentare per curiosità intellettuale ed umana Giulio Andreotti e Gianni Agnelli, passando per il presidente brasiliano Lula e lo studente brillante in cui individuava doti di studio.

Pochi giorni fa l’ho rivisto in televisione in uno speciale di Rai 3 dedicato a Lina Wertmuller: esilarante il racconto del bacio che l’attrice Piera Degli Esposti stampò sulle labbra di Robert Mitchum, l’attore mito della sua giovinezza, materializzatosi in casa della regista ad una cena a cui era presente Mimmo.

Mi ero convinto che fosse un’araba fenice, una sorta di Highlander capace di risorgere anche dopo il brutto ictus che lo colpì qualche tempo fa. Quel brutto incidente si rivelò ancora una volta una risorsa di energia perché si riprese perfettamente intensificando i suoi impegni culturali, i suoi viaggi nell’amato Brasile.

Penso a Susi, sua moglie, insieme da quasi 50 anni. Sarà difficile per lei abituarsi a convivere senza quel vulcano di energia, vitalità e pensiero. Le mando un abbraccio nel momento più triste.


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