No, la destra destra non vuole solo lottizzare la Rai. Per questo val la pena protestare tutti insieme

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No, non ci siamo, si continua a fingere di non capire, o forse non si vuole capire, sino a quando la destra al Governo non colpirà senza guardare in faccia a nessuno.
Ancora in queste ore, persino nel fronte delle opposizioni, non manca chi storce il naso e dichiara che Fabio Fazio non sarebbe stato cacciato, ma avrebbe scelto in base alle regole del libero mercato, altri lo indicano come un cantore del regime, non manca chi ha già messo all’indice Carlo Rovelli e non chi ha tentato di buttarlo fuori dalla Fiera del libro di Francoforte, per non infastidire il governo e i suoi pretoriani.
Per non parlare degli insulti rivolti a Roberto Saviano non solo per aver difeso Fabio Fazio, ma pure perché alcuni, anche a sinistra, non hanno mai sopportato le sue denunce su compromissioni, connivenze, silenzi di ogni colore.
Stessa sorte è toccata a Liliana Segre che ha osato ricordare la puntata di “ Che  tempo che fa” girata nel museo della Shoa di Milano, una puntata, eterogenesi dei fini, che è non piaciuta neppure ai tanti squadristi che circolano liberamente e che costringono ad una vita blindata  lei e Paolo Berizzi, unico cronista in Europa sotto scorta per le minacce dei nazifascisti.
Poi non manca chi avrebbe voluto la chiusura di Report, quella di Presa diretta, di Lucia Annunziata, di Marco Damilano…in un delirio crescente di egolatria, narcisismo, odio e livore per chiunque non rientri tra i componenti  di clan politici e mediatici sempre più ristretti.
Costoro non hanno capito che le epurazioni e le operazioni in atto non sono la ripetizione della vecchia lottizzazione. Chi non capisce questo è destinato ad avere amare sorprese, gli segheranno anche il ramo dove sta appollaiato.
Questa destra non è la vecchia Democrazia Cristiana, neppure quella peggiore.
Il regime di destra destra guarda all’Ungheria, a Vox, a Le Pen, a Bannon, non a caso ha nominato , a suo tempo, alla presidenza della Rai Marcello Foa, e ora Gianpaolo Rossi  alla direzione generale.
Le vicende Rai vanno inquadrate nel quadro dell’annunciato cambio di “narrazione” che prevede una riscrittura dall’alto della memoria e della Costituzione antifascista.
L’obiettivo è una Repubblica presidenziale a telecomando unificato, con l’estensione del modello Retequattro alla programmazione del servizio pubblico.
I servizi di questi giorni contro gli ambientalisti, gli studenti che reclamano l’alloggio, le manifestazioni sindacali, sono solo  le prime avvisaglie di quella che sarà la Rai.
Per questo non esiste un “caso” Fabio, Saviano, Rovelli, Repot, neppure un caso Rai, bensì un “caso” Italia, una grande questione democratica e costituzionale.
Nel mirino ci sono il pensiero critico, il dibattito pubblico, la memoria, il conflitto sociale.
Per questo ci riguarda tutte e tutti, senza distinzione tra credenti, non credenti, radicali, moderati, tenori e coristi.
Per questo Articolo 21 parteciperà alla Marcia della pace tra Perugia e Assisi, e il giorno 20 ad Assisi dedicherà la sua iniziativa ad Julian Assange, per chiedere la sua liberazione, ai cronisti imbavagliati e incarcerati nelle galere del mondo, alla difesa del pensiero critico e della Costituzione.
Da Assisi lanceremo un appello a quanti hanno ancora nel cuore la Costituzione antifascista, antirazzista, solidale, a scendere in piazza, a contrastare questo disegno autoritario e a farlo subito, deponendo livori, rancori, settarismi che già hanno provocato guasti profondi.
Ci sono momenti nei quali bisogna avere la forza di anteporre l’interesse generale e il bene comune ad ogni particolarismo, ad ogni fastidio per i vicini di banco.
Questo è uno di quei momenti.

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