Quando l’arte diventa vita

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“Laggiù qualcuno mi ama”, di Mario Martone, Ita, 2023.

Più che un documentario lo straordinario film di Mario Martone su Massimo Troisi è un vero e proprio saggio per immagini. L’autore napoletano si sofferma sulle capacità autoriali del suo conterraneo, esplicitate sia come attore che come regista. Troisi in tutti i suoi film diretti e interpretati ha saputo mostrare il suo essere fragile e disincantato dinnanzi alla vita. Come, afferma Martone, fece il grande Francois Truffaut, che mise in scena il suo alter ego, Jean-Pierre Leaud-Antoine Doinel, in cinque film, dal 1959 (“I 400 colpi”) al 1979 (L’amore fugge”), raccontando sè stesso, secondo i dettami dell’autobiografismo teorizzati dal geniale maestro della Nouvelle Vague Andrè Bazin. In questo senso, la volontà di Troisi di completare il suo ultimo film testamento, “Il postino”, diretto da Michael Radford, nonostante la grave patologia al cuore, che qualche settimana dopo la fine delle riprese lo avrebbe portato alla prematura scomparsa, diventa testimonianza estrema e preziosa dell’arte come parte integrante della suo essere. Afferma Martone nel film, che quello che Troisi fece con sè stesso è pari a quanto Truffaut avrebbe potuto fare con Doinel facendolo morire in un suo film. Non sapremo mai se il regista francese l’avrebbe fatto, essendo scomparso anch’egli giovane, a soli 52 anni. Di sicuro, Massimo Troisi, alter ego di sè stesso, lo ha fatto, chiudendo il cerchio della sua vita, come mostra, simbolicamente, la splendida sequenza finale del film di Martone, ubbidendo al suo desiderio di lasciare di sè una traccia indelebile nel cuore e nella mente di noi spettatori, privilegiati nell’assistere alla piena identificazione di Arte e Vita. Qualcosa che solo i grandi artisti possono e vogliono fare…


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