Assange uno di noi: dopo la tessere odg, iscritto al sindacato dei giornalisti della Campania

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Nella giornata della Cura, il Sindacato Unitario dei giornalisti della Campania (SUGC) ha attribuito la tessera di socio onorario a Julian Assange. Claudio Silvestri, segretario dell’organizzazione regionale che fa parte della FNSI, l’ha consegnata a Stefania Maurizi, giornalista italiana che per anni ha lavorato con Assange e WikiLeaks, nel corso di un appuntamento organizzato dalla rete #FreeAssange Napoli, il primo marzo. Un gesto simbolico ma importante che segue quello dell’Ordine nazionale dei giornalisti e che ribadisce la valenza del lavoro giornalistico di Assange e di WikiLeaks.

All’incontro hanno partecipato tra gli altri Marina Castellaneta, professoressa di Diritto internazionale; Giuseppe Giulietti, fondatore di Articolo21 e già presidente della FNSI, Kristinn Hrafnsson, caporedattore di WikiLeaks (con un videomessaggio di cui è disponibile la traduzione integrale in coda al testo dell’articolo) e Sergio D’Angelo, in rappresentanza del Comune di Napoli,  tra i Consiglieri proponenti l’ordine del giorno approvato a larga maggioranza per conferire la cittadinanza onoraria a Julian Assange. Quello di Napoli sarà il primo Comune a farlo nelle prossime settimane.

Assange, considerato una spia dagli Stati Uniti, arrestato in virtù di una legge del 1917 contro lo spionaggio ritenuto un pericolo per la sicurezza nazionale e adottata poco prima che gli USA entrassero nel conflitto mondiale, è ancora recluso nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, detta la “Guantanamo di Londra”. Il fondatore di WikiLeakes è accusato di spionaggio e cospirazione per aver svelato segreti di Stato attraverso migliaia di file diffusi dall’organizzazione WikiLeaks. Particolarmente delicati per gli Stati Uniti d’America i documenti sui crimini di guerra compiuti dai soldati statunitensi durante i conflitti in Iraq e in Afghanistan, ma non solo.

L’incontro partenopeo, intitolato “La verità non è un crimine. Napoli per Assange” ha sottolineato la valenza di interesse generale del caso per il diritto di cronaca, il diritto ad essere informati e conoscere verità che non sono pericolose per la sicurezza di Stati ma per l’immagine di Governi, che di fatto piegano la democrazia fingendo una realtà democratica e nascondendo, per interesse proprio, la verità. Non curarsi di queto significherebbe rinunciare a chiedere verità e giustizia

“La Giornata della Cura va intesa anche come Giornata della cura della libertà di parola. La negazione di verità e giustizia è un disonore alla Costituzione del Paese – ha affermato Giuseppe Giulitti – queste non sono vicende private delle famiglie, dei singoli, degli amici. Vale per Assange, per i Rocchelli, innominabile di questi tempi; i Regeni; i Paciolla e molti altri. Abbiamo scelto Napoli per ribadire il nostro impegno accanto ad Assange, che rischia l’estradizione e la condanna all’ergastolo per aver rivelato dossier truccati e per aver svolto il lavoro di giornalista. Chiediamo che, dopo Napoli, tutte le città, a partire da Roma, uniscano la propria voce, perché imbavagliare Assange significa imbavagliare e condannare la libertà di stampa, in Italia e nel mondo”

“E’ un gesto di vicinanza della nostra comunità, verso una questione che riguarda tutti e tutte le libertà, non solo quella di informare. In carcerare Assange significa imbavagliare WikiLeaks, che è stato costretto a sospendere le attività – ha sottolineato Claudio Silvestri – Quando si dice che il giornalista è stato arrestato perché è una spia si dice una cosa falsa. Assange è in carcere perché ha fatto sapere al mondo segreti su scandali che non dovevano essere rivelati. Penso sia importante che anche il sindacato europeo e quello internazionale simbolicamente facciano la stessa cosa che abbiamo fatto qui a Napoli, perché il messaggio deve essere chiaro: stanno mettendo il bavaglio alla libera informazione calpestando qualsiasi diritto”. Anche Marina Castellaneta, giurista e docente di Diritto internazionale ha sottolineato, sulla base di diverse sentenze e Carte di diritti condivisi dalla Comunità internazionale, che la detenzione di Assange è arbitraria oltre che frutto di una persecuzione che lo vede inquisito come spia e non come giornalista australiano. Per lui si chiede l’estradizione negli Stati Uniti. Estradizione che “in un primo momento è stata negata dai giudici inglesi, che poi hanno ribaltato il giudizio sulla base di un abbaglio”, senza considerare una serie di indicazioni della Corte europea.

Stefania Maurizi parla alla platea soffermandosi sui genitori di Mario Paciolla presenti in sala, e parla “del groviglio di segreti che copre tante storie” come quella di Mario e la sua famiglia. Per Assange si dice  “scettica” sul fatto che la giustizia per il giornalista australiano possa arrivare dalla legge. “Con questo caso siamo a un punto di svolta. La società è a un bivio. Se riescono a estradarlo – ha spiegato –  vivremo in una società che magari non sembra autoritaria, ma che di fatto lo è. Una società in cui non puoi rivelare crimini di guerra, torture fatte dallo Stato, non è una società democratica. Questo non lo puoi fare in dittatura, non puoi rivelare i crimini di stato perché ti ammazzano. Politkovskaja e tutti gli altri sono stati ammazzati per aver rivelato i crimini del loro Stato. Ma in democrazia deve essere possibile. Una società che non può rivelare cosa fa lo Stato con i soldi e nel nome dei cittadini, non è libera. Questa è la differenza tra la democrazia e la dittatura”. “Se, invece, riusciamo a evitare l’estradizione, allora – ha proseguito Maurizi – possiamo dire che abbiamo ancora quelle libertà garantite dalla democrazia”. Di fatto Assange “lo stanno ammazzando, piano piano” ha detto parlando di chi le chiede se pensa che, una volta estradato, Assange verrà ammazzato. “Intanto lo hanno fatto sparire. Non credo che il caso si risolverà con la legge. Credo che si risolverà con la pressione della opinione pubblica. Il vero scudo per Assange è la pressione dell’opinione pubblica”.


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