Turchia, primo arresto con la nuova legge bavaglio sulla disinformazione

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Sinan Aygül è un giornalista della provincia di Bitlis a maggioranza curda. È lui il primo collega arrestato in Turchia sulla base della nuova legge sulla “disinformazione” approvata due mesi fa dal Parlamento turco.
Ma la stretta di Recep Tayyip Erdoğan, che con l’informazione indipendente ha da sempre uno scontro aperto, sta soffocando gli ultimi aliti di libertà di stampa nel Paese.
Aygül è finito in carcere per aver twittato su presunti abusi sessuali.
Il suo avvocato ha fatto sapere che si tratta della prima custodia cautelare scaturita ai sensi dalle recenti norme approvate da Ankara che secondo le organizzazioni in difesa del diritto alla libera espressione e informazione rappresenta una minaccia per la libertà di parola.
L’arresto arriva due mesi dopo che il parlamento ha approvato l’ampia legislazione che per il partito al governo del presidente
Erdoğan dovrebbe proteggere il pubblico dalle fake news.
Ma al momento sembra più uno strumento in mano alle autorità turche per soffocare il dissenso.
Aygül è stato arrestato mercoledì mattina dopo aver scritto su Twitter che una ragazza curda di 14 anni sarebbe stata abusata sessualmente da alcuni poliziotti e soldati.
Nonostante avesse poi cancellato il tweet, dopo aver scoperto dal governatore locale che la storia non era vera, la polizia gli è piombata in casa.
A molti il fermo del giornalista, che è il presidente della Bitlis Journalists Association, è sembrato del tutto pretestuoso.
Ma le autorità hanno fatto sapere che l’azione giudiziaria su è resa necessaria in quanto la diffusione di quelle notizie avrebbe “seminato paura e panico tra il pubblico e disturbato la pace nel paese” dato il grande seguito del giornalista.
Nella sua dichiarazione in tribunale, Aygül ha affermato di aver corretto il suo errore dopo aver parlato con le autorità, di aver cancellato il tweet iniziale e che non aveva intenzione di commettere alcun crimine.
Ma nulla è valso a evitargli il carcere.
L’avvocato di Aygül, Diyar Orak, ha denunciato che la sua è una detenzione illegale.
“L’attuazione della legislazione… che è stata utilizzata per la prima volta per quanto ne sappiamo, essendo interpretata in questo modo dalla magistratura ci preoccupa e insinua il dubbio che simili indagini e arresti si intensificheranno in futuro”, ha sottolineato il difensore.
La legge prevede una pena detentiva fino a tre anni per chiunque diffonda informazioni false o fuorvianti.
Il partito AK di Erdoğan e i suoi alleati nazionalisti MHP affermano che mira a combattere la disinformazione ma è evidente che sia più tesa a colpire chi, nell’informazione, non sia linea alle loro posizioni.
D’altronde quella degli arresti e dei processi pretestuosi è l’arma che da sempre in Turchia viene utilizzata per colpire giornalisti scomodi, dissidenti, e oppositori. Come nel caso di Ekrem Imamoglu sindaco di Istanbul e possibile – e tenuto – sfidante di Erdogan alle prossime elezioni presidenziali nel 2023.
Imamoglu, accusato di avere insultato alcuni funzionari pubblici nel 2019 dopo aver vinto le elezioni comunali, è stato condannato a tre anni di carcere.
La sentenza non è definitiva, sarà sottoposta al vaglio della Cassazione nelle prossime settimane. Se la condanna verrà confermata, Imamoglu dovrà dimettersi dalla carica di sindaco e sarà interdetto dalla politica.


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