Anno nero per l’informazione. Guerra ucraina e regimi aumentano repressione e morti. In Cina, Myanmar, Turchia, Iran, e Europa, informare può costare il carcere o la vita

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Il 2022 è stato un anno nero per il giornalismo e per la democrazia, in Europa e nel mondo. Sessantasette i morti, tra giornalisti e personale dei media (furono 42 nel 2021), di cui 13 in Europa, 12 vittime nella guerra scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina; oltre 300 incarcerati, di cui 134 in Europa. Eppure l’anno è passato senza che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votasse la Convenzione sulla sicurezza e l’indipendenza dei giornalisti della Federazione internazionale dei giornalisti (Fij, Fédération internationale des journalistes).

“Chiediamo agli Stati europei di adottare la Convenzione Fij sulla sicurezza e l’indipendenza dei giornalisti —ha dichiarato, rinnovando l’appello ai governi dell’Ue, il segretario generale della Fej, (Fédération européenne des journalistes) Ricardo Gutiérrez— ma li invitiamo anche ad attuare senza indugio le disposizioni concrete stabilite nella Raccomandazione 2016/4 del Consiglio d’Europa sulla protezione del giornalismo: il giornalismo è in pericolo in Europa ed è giunto il momento per gli Stati di compiere i passi per cui si sono impegnati”, ha aggiunto. Per il Segretario generale della Fij, Anthony Bellanger. “L’aumento delle uccisioni di giornalisti e altri operatori dei media è un grave motivo di preoccupazione e l’ennesimo campanello d’allarme per i governi di tutto il mondo affinché agiscano in difesa del giornalismo, uno dei pilastri fondamentali della democrazia”.

La guerra in Ucraina conta 12 vittime, il numero più alto nei 21 paesi in cui sono stati registrati incidenti mortali. La Fij ha registrato più casi di giornalisti uccisi in Europa (13) che in Medio Oriente e mondo arabo (5) e Africa (4). Oltre la guerra è la criminalità a uccidere, come in Messico con 11 morti, o il crollo delle istituzioni, ad Haiti 6 i giornalisti uccisi nel caos delle bande e dei gruppi di potere.

L’Ucraina ci dice anche dei ferimenti, che sfuggono a questo bilancio, come col caso del giornalista freelance italiano Claudio Locatelli, ferito da fuoco russo il 19 dicembre nella città di Kherson mentre guidava un’auto contrassegnata chiaramente come stampa, insieme al fotoreporter Niccolò Celesti e al loro interprete, Daniel —tutti riportando per fortuna solo ferite lievi. Su richiesta dell’ambasciata italiana le autorità ucraine hanno aperto un’inchiesta per crimini di guerra e Fij, Fej e Federazione nazionale della stampa (Fnsi) hanno condannato “il deliberato attacco” che “mostra l’urgente necessità di uno sforzo collettivo per proteggere i professionisti dei media nelle zone di guerra: questi crimini non devono rimanere impuniti”.

Il 2022 ha visto anche la recrudescenza della repressione dell’informazione da parte di regimi e governi, dalla Cina alla Bielorussia, dall’Egitto a Hong Kong, dall’Iran a Myanmar, Turchia e Russia. Almeno 375 giornalisti e operatori dei media sono ora in carcere (di cui 124 in Europa), un nuovo massimo da quando, due anni fa, la Fij ha iniziato a pubblicare gli elenchi dei giornalisti incarcerati in occasione della Giornata internazionale per Diritti umani —in un bilancio in continuo quotidiano aggiornamento, come avviene in queste ore in Iran.

La Cina e i suoi alleati a Hong Kong sono in cima alla lista con 84 giornalisti in carcere, seguiti da Myanmar (64), Turchia (51), Iran (34), Bielorussia (33), Egitto (23), Russia e Crimea occupata (29), Arabia Saudita (11), Yemen (10), Siria (9) e India (7). In Europa, 124 giornalisti sono attualmente in carcere: 52 in Turchia, 33 in Bielorussia, 19 in Russia, 13 in Ucraina (compresa la Crimea occupata dalla Russia), 4 in Azerbaigian, 1 in Georgia, 1 in Polonia e 1 nel Regno Unito. Ci soffermiamo su questi ultimi due.

In Inghilterra Julian Assange, che con WikiLeaks nel 2010 ha rivelato crimini di guerra degli Usa, diffondendo i documenti ricevuti dalla ex militare Chelsea Manning, su cui pesa l’estradizione negli Usa, è vera chiave di volta del conflitto tra interesse pubblico e azioni criminali dei governi.

In Polonia è in carcere dal 28 febbraio, quattro giorni dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina, Pablo González, giornalista free lance accusato di spionaggio. Di doppia nazionalità, spagnola e russa —uno dei Niños de Rusia, come sono chiamati le migliaia di discendenti di sconfitti repubblicani della Guerra civile spagnola, rifugiatisi nel ’39 nella Russia comunista— è collaboratore delle testate spagnole Público e la Sexta ed è finito nel mirino per il suo approccio non ostile alle posizioni russe sul conflitto. González per sei mesi non ha potuto comunicare con la famiglia né il suo legale, ricevendo solo quattro visite del consolato; solo dopo proteste internazionali, su impulso di giornalisti ed editori spagnoli e in particolare baschi, regione di provenienza di González —e le pressioni non troppo pressanti del governo spagnolo— ha da poco potuto presentare il suo reclamo per l’arresto, di cui la giustizia polacca si occuperà in gennaio.

Meno cruenta la repressione che ha colpito in Ucraina la pluripremiata giornalista Matilde Kimer, della Danish Broadcasting Corporation (DR), che segue le vicende nell’area dall’occupazione russa in Crimea del 2014, cui son state sospese le credenziali giornalistiche, tacciata di “filo-russa” ed espulsa dal paese, dopo aver diffuso condiviso sulla sua pagina Facebook collegamenti a suoi reportage, compresi alcuni su manifestazioni filo-russe.

In Iran vale ancora la pena ricordare che sono in carcere le giornaliste Nilufar Hamedi e Elahe Mohammadi, che da subito corprirono la morte della giovane di origine curda Mahsa Amini e che per il loro lavoro si confrontano entrambe con accuse che comportano la condanna a morte. Reporter sans Frontieres ha dato conto dell’ impennata degli arresti in Iran, da 13 giornalisti detenuti prima dell’assassinio di Mahsa Amini a 47. E ora sono stati presi di mira anche collaboratori di testate estere.

Questo l’elenco dei 13 giornalisti morti nel 2022 in Europa.

Brent Renaud (Ucraina)

Frédéric Leclerc-Imhoff (Ucraina)

Güngör Arslan (Turchia)

Ilhor Hudenko (Ucraina)

Maks Levin (Ucraina)

Mantas Kvedaravičius (Ucraina)

Oksana Baulina (Ucraina)

Oleksandra Kuvshynova (Ucraina)

Pierre Zakrzewski (Ucraina)

Roman Nezhyborets (Ucraina)

Yevgeny Bal (Ucraina)

Yevheniy Sakun (Ucraina)

Zoreslav Zamoysky (Ucraina)


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