Biden si smarca da Zelensky

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Un missile a Przewodòw: il mondo ha sfiorato la guerra atomica. Il 15 novembre 2022 sarà una data stampata sui libri di storia: quella sera due contadini sono morti a Przewodòw, un paesino dal nome impronunciabile della Polonia al confine con l’Ucraina.
Per la prima volta nella guerra tra Russia e Ucraina è colpita anche una nazione della Nato. Le accuse piovono sul Cremlino. Per un soffio non scatta una immediata reazione militare dell’Alleanza Atlantica guidata dagli Stati Uniti.
Il pianeta balla per qualche ora sul baratro di una catastrofica terza guerra mondiale tra Washington e Mosca, due super potenze nucleari. Kiev incolpa i missili russi e chiede l’intervento della Nato. Varsavia riunisce il Consiglio di guerra. I paesi baltici accusano Mosca. La Federazione Russa invece nega ogni responsabilità nell’episodio. La Casa Bianca annuncia: gli Usa sarebbero pronti a «difendere ogni pollice di territorio della Nato» in caso di un attacco della Russia.
Joe Biden fa tirare un primo sospiro di sollievo al mondo. La stessa sera del 15 novembre si smarca da Volodymyr Zelensky e fa scendere la tensione: «Non sembra probabile che il missile sia stato lanciato dai russi». Comunque il presidente americano dalla riunione del G20 organizzata a Bali precisa: occorre aspettare le verifiche per accertare le responsabilità dell’esplosione in Polonia.
Il secondo sospiro di sollievo arriva il 16 novembre, il giorno dopo. Il Consiglio Atlantico convocato d’urgenza non attiva una reazione militare contro la Russia in difesa della Polonia. Jens Stoltenberg rompe con i vecchi toni oltranzisti. Scagiona Mosca: parla di «un incidente della difesa ucraina». Un missile S-300 di Kiev di fabbricazione russa, secondo le ricostruzioni della Nato, è caduto a Przewodòw per intercettare uno dei tanti razzi dell’esercito della Russia. Mosca il 15 novembre aveva sparato circa 100 missili contro le centrali elettriche e le città ucraine. Il segretario generale della Nato è netto: «Non risultano indicazioni che si sia trattato di un attacco deliberato in Polonia. E non ci risulta che la Russia stia pianificando attacchi contro la Nato». Il Cremlino commenta positivamente «la reazione misurata» degli Stati Uniti messa in contrapposizione «con le dichiarazioni» di altri paesi occidentali.
La catastrofe nucleare è scongiurata, almeno per ora. Vladimir Putin dal 24 febbraio, quando ordinò l’invasione dell’Ucraina, ha più volte minacciato l’uso della bomba atomica in caso di minacce all’integrità e alla sovranità della Federazione Russa. Molti esponenti del Cremlino sono giunti anche oltre andando nei dettagli: hanno ventilato l’uso di una bomba atomica tattica davanti alla vittoriosa controffensiva ucraina (circa il 50% del territorio conquistato da Mosca all’inizio del conflitto è tornato sotto il controllo di Kiev).
La tensione è diventata rovente nei giorni scorsi, quando le truppe russe si sono ritirate da Kherson sotto l’incalzare dell’esercito ucraino. Kherson è stata una sconfitta cocente per Putin: lo “zar” ha perduto la più importante città presa a Zelensky e addirittura annessa con un referendum realizzato (assieme a quelli in altre tre regioni dell’Ucraina) sotto la minaccia dei fucili russi. Proprio nei giorni della ritirata da Kherson si sono svolte delle trattative informali tra Washington e Mosca per cercare di arrivare ad una tregua per aprire la via della pace. Caso strano su quei negoziati difficili il 15 novembre si è scatenata una nuova massiccia ondata di pesantissimi bombardamenti russi sulle centrali elettriche e le stesse città ucraine.
La via di una soluzione politica così si è di nuovo allontanata, il colpo di grazia è stato il missile a Przewodòw. Ma Biden si lascia alle spalle i toni oltranzisti del passato, sembra intenzionato a percorrere la strada del negoziato: si smarca da Zelensky e riduce i toni bellicosi verso Putin. Una luce si è accesa nel buio. Papa Francesco, in una intervista a “La Stampa”, sostiene: la pace in Ucraina «è possibile». Il Vaticano sta lavorando a una mediazione, «sta valutando qualsiasi ipotesi» per arrivare a un cessate il fuoco.
Il presidente russo è in fortissima difficoltà. Subisce tre sconfitte: sul piano militare (controffensiva ucraina), sul piano internazionale (l’alleata Cina vuole una tregua e la pace) e sul piano economico (le sanzioni occidentali pesano). Se ci fosse una soluzione non umiliante per Putin probabilmente lo “zar” farebbe tacere le armi.

 


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