Diamo una svegliata a tutti quei partiti che hanno a cuore l’Italia democratica e antifascista

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Mi associo agli amici di Articolo 21 che hanno espresso la necessità, prima del voto del 25 settembre, di tornare in piazza per manifestare a sostegno dell’Italia democratica e antifascista, a difesa “della libertà di espressione in tutte le sue forme”. Tema ancora una volta assente dalla campagna elettorale. Che Meloni, Berlusconi, Salvini abbiano escluso dai quindici punti del loro programma la difesa dell’Articolo 21 della Costituzione è comprensibile, che lo facciano anche i partiti del centro-sinistra è inaccettabile.
Recentemente l’Associazione Articolo 21 ha consegnato, in occasione del ricordo di Enzo Biagi nel giorno del suo compleanno, la “Carta di Assisi”, ovvero il manifesto contro i muri mediatici, al cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della CEI e arcivescovo di Bologna. Sta scritto nell’articolo 5 della Carta: “Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti. Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti”.

In questi giorni, la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha, tardivamente, abiurato il fascismo, senza un briciolo di credibilità per pura propaganda elettorale e solo per la stampa estera (chic!). La scrittrice e testimone della Shoah Edith Bruck, sopravvissuta ad Auschwitz, l’ha accusata di “usare parole vuote”. La senatrice a vita Liliana Segre, dopo l’abiura, le ha chiesto un atto concreto: “Togliere la fiamma tricolore dal simbolo del partito”. Ha risposto picche Ignazio La Russa che, da buon nostalgico, ha spiegato alla Segre che “la fiamma non è assimilabile a qualsiasi simbolo del fascismo”. La Meloni ha solo un modo per dimostrare che le sue non sono solo parole usate come “pietre per uccidere”: non candidare nelle liste del centro-destra i tanti fascisti che ha all’interno del suo partito e tra gli alleati.

Berlusconi, il puparo mediatico, durante il suo ventennio è stato un sostenitore del pensiero unico, ha negato il pluralismo, ha controllato l’informazione, soprattutto quella tv, condizionando palesemente la libertà di espressione. Oggi alla veneranda età di quasi ottantasei primavere, non si dà per vinto: sta nuovamente scendendo in campo di fronte a politici che non hanno il coraggio di ricordargli che è un pregiudicato, condannato definitivamente, con alcuni procedimenti giudiziari ancora in corso, che la sua candidatura al Senato imbarazzerà l’Italia. Gli obiettivi antidemocratici dell’ex Cavaliere sono sempre stati evidenti, a cominciare dalla sua iscrizione alla loggia massonica P2 di Licio Gelli, il quale, in un’intervista a “La Repubblica”, dichiarò che con Berlusconi al Governo si stava realizzando il suo piano di Rinascita Democratica, a cui mancava solo la riforma costituzionale che avrebbe portato l’Italia da Repubblica parlamentare a presidenziale. La risposta è arrivata in questi giorni dal leader di Forza Italia che non si è l’imitata solo alla necessità di attuare il presidenzialismo, come ha dichiarato in diretta a Radio Capital ma, una volta concluso l’iter, “il presidente Mattarella dovrebbe dimettersi”. Ecco l’accoppiata del futuro: Meloni a capo del Governo e Berlusconi presidente della Repubblica. Questa è la dimostrazione che la destra post fascista si sta preparando, non solo a governare il paese, ma a sfasciare il sistema. Contro tutto ciò dobbiamo organizzare una grande manifestazione, come avvenne vent’anni fa, perché non solo è in pericolo l’articolo 21 della Costituzione ma la stessa democrazia nata dalla Resistenza. E’ necessario, cari amici, dare una svegliata a tutti quei partiti che hanno a cuore l’Italia democratica e antifascista.


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