Mattarella bis dal flop di Salvini e della politica

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In politica c’è chi fiuta al volo il vento. Bossi e Zanda hanno fiutato in anticipo il Mattarella bis al Quirinale. Bossi venerdì 28 gennaio, quinto giorno di votazioni, per primo azzarda: «Vedo un Mattarella bis, qui non si batte chiodo».

Il «non si batte chiodo» si riferisce al flop di Maria Elisabetta Casellati. La presidente del Senato è fatta rovinosamente schiantare da Salvini, il successore di Bossi alla segreteria della Lega, come candidata del centro-destra al Colle. Sempre il 28 gennaio Zanda, Pd, ex Dc, già braccio destro di Cossiga, suona la stessa musica: «Si va verso Mattarella. Lui non sarà felice, ma i suoi saranno felicissimi».

Sergio Mattarella, 80 anni, ex esponente della sinistra Dc e del Pd, è rieletto presidente della Repubblica la sera di sabato 29 gennaio all’ottavo scrutinio: 759 voti, dopo sette “fumate nere”; è il capo dello Stato più votato dopo Sandro Pertini (832). Il momento chiave arriva sabato mattina: alla fine giunge il consenso unanime della maggioranza del governo di unità nazionale, compreso il sì con retromarcia di Salvini. L’unico no è di Giorgia Meloni. Commenta: «Non voglio crederci». Da destra resta l’unica ad opporsi.

La progressione della ricandidatura di Mattarella, nel segreto dell’urna, appare già nelle prime votazioni tra un mare di astensioni e di schede bianche: 125 voti al terzo scrutinio, 166 al quarto, 336 al sesto, 387 al settimo. Il caos del tutti contro tutti è battuto dalla vittoria di Mattarella, nonostante i ripetuti no dell’interessato a un secondo mandato. Oltre una decina di candidature diverse emerse e sommerse si rincorrono nell’aula e nei corridoi della Camera, ridotta a una bolgia, dove si vota ininterrottamente. Non portano a nulla: sono bocciati Casellati, Elisabetta Belloni, Letizia Moratti, Paola Severino, Marta Cartabia, Nordio, Pera, Cassese, Frattini, Tremonti, Amato, Casini, Di Matteo. È fuori gioco soprattutto Draghi, disponibile a un trasferimento da Palazzo Chigi al Quirinale, ma in grande sintonia con il capo dello Stato.

Anche Elisabetta Belloni, diplomatica dirottata dal governo a dirigere i servizi segreti, è bruciata. Lanciata in pista da Salvini, in singolare sintonia con Conte, come una “donna in gamba” nemmeno è entrata in gara. Il segretario della Lega ha collezionato solo disastrosi errori. Ha incassato solo sconfitte: 1) il fallimento della Belloni dopo quello della Casellati; 2) la spaccatura del centro-destra con imprevedibili conseguenze. Berlusconi, già ritiratosi dalla corsa per il Colle, dall’ospedale San Raffaele nel quale è ricoverato si è definitivamente smarcato dal regista del centro-destra nelle elezioni per il Quirinale annunciando l’autonomia di azione. La mossa clamorosa non è stata del tutto una sorpresa perché sui “grandi elettori” di Forza Italia erano già stati avanzati i sospetti della Lega e di Fratelli d’Italia di aver “impallinato” la Casellati (i 60-70 “franchi tiratori” del centro-destra vengono indicati tra i berlusconiani).

Alla Belloni, una candidatura cosiddetta “super partes”, hanno detto no in troppi: i centristi Berlusconi e Renzi; la sinistra di Leu; gran parte del Pd di Letta; una bella fetta del M5S e di ex grillini. Il motivo centrale è il no al completo commissariamento della politica con due tecnici ai massimi vertici dello Stato: uno al Quirinale e uno a Palazzo Chigi. Già il tecnico Draghi è presidente del Consiglio, la tecnica Belloni capo dello Stato sarebbe stato troppo. Di qui il muro.

Mattarella è molto apprezzato e stimato. Davanti all’emergenza e al pericolo della paralisi istituzionale alla fine ha accettato per senso di responsabilità nazionale l’invito dei capigruppo della maggioranza ad essere rieletto presidente della Repubblica. Rivediamo il film della crisi della politica già visto con Napolitano: anche lui, sia pure riluttante, accettò un secondo mandato anche se a termine, perché i “grandi elettori” alla Camera non riuscivano ad eleggere un successore.

Da decenni la crisi dei partiti produce strappi alla democrazia parlamentare: la spinta dei premier tecnici verso il presidenzialismo tecnocratico è fortissima. Adesso ci risiamo. La crisi della politica italiana è sempre più dirompente. L’impotenza dei partiti e del Parlamento si basa su ragioni nobili e meno nobili.

La scelta è caduta su Mattarella anche per un motivo più prosaico: gran parte dei parlamentari temono di non essere rieletti in caso di un voto politico anticipato. Il trasferimento di Draghi da Palazzo Chigi al Colle avrebbe causato la crisi di governo e, probabilmente, l’apertura anticipata dei seggi elettorali. È difficile rinunciare all’appannaggio e allo scranno da deputato e senatore. Di qui i tanti consensi nel segreto dell’urna per il Mattarella bis.


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