Il Teatro e la Vita, fate voi…

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Teatro Marcello Perracchio, Ragusa.

Sei personaggi in cerca d’autore”, di Luigi Pirandello.

Regia e scene di Vittorio Bonaccorso

Costumi di Federica Bisegna

Con Federica, Bisegna, Vittorio Bonaccorso, Federica Guglielmino Lorenzo Pluchino, Andrea Di Martino, Rossella Colucci, Alessio Barone, Sofia La Rosa

La messinscena di un’opera di Pirandello è sempre un rompicapo per chi si accinge ad essa. In particolare, per i “Sei personaggi in cerca d’autore” il discorso si complica ancora di più. Andata in scena per la prima volta giusto 100 anni fa, questa pièce è ancora oggi oggetto di studio e di analisi di ogni tipo, da quello sociologico a quello comunicativo e psicoanalitico. Le diverse scelte registiche, nel corso del tempo, hanno sottolineato queste diverse letture del testo. Soprattutto, il teatro di regia, negli ultimi 50 anni, ha sottolineato la capacità di Pirandello di muoversi su numerosi livelli

“narrativi”, capaci di liberare le interpretazioni più varie. Quella scelta da Vittorio Bonaccorso per la sua compagnia Godot si muove ad esaltare la vena “iconoclasta” del genio agrigentino. Il regista ragusano, anche inarrivabile interprete del Padre, nella sua messinscena usa il palcoscenico come un terreno su cui evidenziare l’impossibilità dell’arte, nella fattispecie il Teatro, di raccontare la realtà. Il capocomico, un magistrale Lorenzo Pluchino, chiede ai suoi “visitatori” di rispettare i tempi e l’azione drammaturgica, in modo da favorire la partecipazione degli spettatori alle vicende della famiglia alla ricerca di una identità, di una vita da raccontare. Ma i tempi della finzione non sono quelli della realtà, per cui l’impotenza della narrazione emerge spietatamente, a non dare scampo ai protagonisti e al pubblico insieme. Bonaccorso sottolinea tutto questo e ne fa il perno di un racconto scenico che tende ad implodere, con la Figlia, la straordinaria e talentuosa Federica Guglielmino, a gridare le sue ragioni ma vanamente, sopraffatta dall’impossibilità di poter dire tutto perché il tutto a Teatro non è, appunto, consentito. Dunque, teatro nel teatro, non tanto ad evidenziare la dicotomia verità- finzione, quanto nella consapevolezza dell’impossibilità per ciascuno di noi di potersi raccontare pienamente agli altri, non esistendo un tempo “artistico” che ci possa consentire di ripercorrere per intero la nostra esistenza passata e presente. Elemento, questo, essenziale per arrivare ad una possibile verità. Bonaccorso è entrato nel senso di impotenza del Teatro pirandelliano, facendolo diventare esso stesso Teatro, altro Teatro, dimensionato ad andare oltre la stessa logica del Palcoscenico. La dicotomia cromatica della grigia Famiglia, simboleggiata dal viso espressionisticamente pallido ed emaciato della Madre, una sempre straordinaria Federica Bisegna, e della sgargiante e multicolore Compagnia, esalta questa scelta registica pienamente coerente con la profondità del testo, aperto a mille soluzioni e decodificazioni. Alla fine applausi senza fine da un pubblico entusiasta di una Compagnia storica del nostro Paese, la Godot di Ragusa, sempre più coraggiosa nel proporre testi di assoluto valore artistico, in un momento in cui il teatro italiano sembra più adagiarsi su pièce di facile fruizione paratelevisiva. Una nota di merito va, dunque, a tutti gli altri interpreti, dall’efficace Figlio di Andrea Di Martino, alla Madama Pace di Rossella Colucci, al Primo Attore del sempre brillante Alessio Barone, alla Prima Attrice di sicura presenza scenica Sofia La Rosa.


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