Auto elettrica: per gli sceicchi sta finendo la pacchia

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Game is over: il gioco è finito, il petrolio è agli sgoccioli. L’era dell’elettrico è partita. Questione ancora di pochi anni e tutto il mondo si libererà della schiavitù dei petro-dollari, le ricchissime royalties pagate ai padroni arabi del nostro bisogno energetico. Lo sanno anche loro che la cuccagna sta per finire e che con gli innumerevoli pozzi scavati nei loro deserti in un futuro prossimo potranno al massimo annaffiare le dune per sottrarle all’azione del vento e rendere fertile la sabbia, come hanno fatto gli israeliani per coltivare i pompelmi che vendono in tutta Europa.

Dopo più di un secolo di dominio sui nostri mezzi di trasporto, dunque, è alle viste la fine del motore a scoppio. A cominciare dalle automobili, che dal 2035 potranno circolare solo se munite di motore elettrico. Così ha stabilito l’Unione Europea e il governo italiano ha già aderito alla proposta. La Volkswagen, il maggior produttore di auto in Europa, ha già fissato ad una data ancora più vicina, il 2030, il termine ultimo di produzione da parte sua di veicoli a benzina o diesel. Anche in Italia le immatricolazioni fanno già registrare un sensibile aumento dei modelli ibridi: gli italiani si stanno preparando ad abbandonare il motore a scoppio e vogliono prendere confidenza con l’elettrico.

Ma non solo auto, Tir e autobus: anche le grandi navi mercantili o da crociera stanno per abbandonare il petrolio per il gas: è di questi giorni la notizia del progetto per una compagnia di navigazione italiana di una grande nave passeggeri che quanto prima navigherà spinta da gas naturale liquefatto, a prevalenza metano, con quale vantaggio per l’ambiente è facile immaginare. Poi sarà la volta di un aereo di linea di una compagnia americana che volerà spinto non più da motori alimentati da benzina avio ma da motori elettrici collegati a batterie al litio. Il prototipo è allo studio negli Stati Uniti e potrà portare nove passeggeri e un limitato peso di merci, ma già si prevede un modello con maggiori possibilità di carico destinato ai trasporti DHL.

L’improvvisa accelerazione del “progetto auto elettrica” rientra nelle iniziative, in verità assai scarse, finora adottate dai governi nel quadro della lotta al surriscaldamento del clima. I vertici internazionali di Roma e di Glasgow, come s’è visto, non hanno sortito effetti concreti, e la delusione degli ambientalisti è evidente: il bla-bla di cui aveva provocatoriamente parlato l’irriducibile Greta Turnberg è rimasto tale. Si contano sulle dita di una mano le iniziative che hanno preso corpo: il rientro degli Stati Uniti, grazie al nuovo presidente Biden, nell’accordo di Parigi sul clima, da cui clamorosamente volle uscire il vecchio presidente Trump, per il quale il surriscaldamento mondiale del clima era un’invenzione degli ambientalisti. Forse ora che il suo paese è flagellato da uragani dovuti proprio alle mutate condizioni climatiche del pianeta, l’ex capo della Casa Bianca starà pensando dentro di se di averla sparata grossa. I Paesi europei si stanno avviando verso la decarbonizzazione delle industrie ma i tempi si annunciano lunghi.

Più concrete sono, invece, le posizioni contrarie dei grandi primi responsabili dell’attuale disastro: il presidente cinese respinge ogni ipotesi di cambiamento nell’impiego di risorse energetiche compatibili con una politica di bonifica del clima, sostenendo che il suo Paese è attualmente impegnato in una fase di sviluppo economico che non prevede l’uscita dal carbone, tanto meno dal petrolio, e i cinesi intanto hanno l’inquinamento ambientale che si meritano. Lo stesso dice il governo indiano che guida uno dei paesi più inquinanti al mondo. Il presidente brasiliano Bolsonaro continua nella sua opera di quotidiana devastazione della foresta amazzonica ed è sordo ad ogni invito a smettere.

Le conclusioni sono sconfortanti: i paesi poveri non possono spendere per diventare virtuosi, quelli ricchi non vogliono spendere perché antepongono i propri interessi a quelli dell’umanità intera. Di questo passo varrà ben poco il sacrificio che fra qualche anno sarà imposto all’italiano Rossi, al francese Dupont, al tedesco Schmidt, al britannico Johnson, al belga Artois e ai loro omologhi europei ai quali si imporrà di eliminare la vecchia macchina col motore a scoppio e di passare all’elettrico. A meno che un’analoga coraggiosa prova di forza dei governi non venga decisa in favore delle energie rinnovabili, finora sotto stimate: l’eolico, il solare, l’endotermia.

Riempire i nostri campi di pale eoliche? Sfruttare il sole con milioni di ettari di pannelli sui tetti? Studiare a fondo le possibilità di sfruttare la forza delle maree? Piantare miliardi di alberi, invece di tagliarli, che ci aiuterebbero a combattere l’anidride carbonica? Tutto meno che rispolverare il nucleare, troppo pericoloso.

E’ di questi giorni la notizia che a Vulcano, l’isola delle Eolie che ne prende il nome, un’improvvisa fuoriuscita dal sottosuolo di una non trascurabile quantità di CO2 ha indotto le autorità a sgomberare parte della popolazione per il rischio di un avvelenamento collettivo.

In un paese ad alta vocazione vulcanica, come il nostro, l’energia del sottosuolo potrebbe essere sfruttata, e non soltanto temuta. Non sembri fantascienza: in un futuro che non sia troppo remoto, immaginiamo di poter sfruttare l’anergia sprigionata dall’Etna: una volta collegato il suo cratere principale con una rete di tubazioni si potrebbe riscaldare l’Italia intera a costo zero. Con adeguati macchinari si potrebbe imbrigliare la sua forza eruttiva e avere energia senza limiti da impiegare in tutti i campi, dall’industria all’agricoltura. La sua lava raffreddata può essere un ottimo materiale da costruzione, la sua cenere che oggi riempie le strade di Catania e dei comuni circumetnei e costringe i sindaci a intervenire con gli spazzini, è un ottimo fertilizzante naturale che potrebbe essere esportato in tutto i paesi che non hanno la fortuna di ospitare dentro i propri confini il più grande vulcano attivo d’Europa, un vero monumento della natura di cui i siciliani vanno giustamente fieri. Oltretutto è una risorsa turistica: d’estate per gli stupendi panorami, d’inverno ci si può anche sciare. E quando è in eruzione è uno spettacolo inimmaginabile. E qualunque cosa riserbi il futuro per l’umanità, una cosa è certa: l’Etna non smetterà mai di esistere, a dire il vero è prepotentemente anti-ecologico, continuerà nei secoli ad eruttare lava incandescente, e tutta la CO2 che ne deriva, ma soprattutto, sordo alle istanze del neonato ministero per l’innovazione tecnologica, non si farà mai trasformare in un vulcano elettrico.


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