Nell’era della memoria storica può diventare necessario l’elogio dell’oblio?

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Negli ultimi anni si è assistito a un sempre crescente interesse verso la costituzione di una solida memoria storica, necessaria garanzia di pace in quanto è grazie ad essa che gli uomini possono non solo tramandare usanze e costumi ma anche evitare che tragedie e sciagure, e tutto il male fatto, tornino a ripetersi.

È questa l’idea che David Rieff sfida apertamente nel libro Elogio dell’oblio. I paradossi della memoria storica.  Un libro che va letto con molta calma e attenzione, proprio in virtù del fatto che l’autore lo ha scritto con la precipua volontà di sfidare il lettore. Il quale è allora chiamato a non cadere nel tranello delle facili e quasi certamente errate conclusioni.

Rieff non è contrario alla memoria storica o collettiva, come non è fautore dell’oblio indiscriminato. Il suo pensiero si muove lungo un sentiero tortuoso e accidentato, pieno di insidie e facili fraintendimenti, volto a mantenere o ricercare un equilibrio tra la memoria a ogni costo e la dimenticanza indistinta, soprattutto quando entrambi i fronti divengono strumento di una cultura e di una politica che tentano di strumentalizzarli a proprio vantaggio. A volte riuscendoci anche, purtroppo.

Nietzsche diceva che «non ci sono fatti, solo interpretazioni», ed è proprio seguendo questa linea che l’autore vuole mettere in guardia il lettore dagli autoinganni e dalle manipolazioni che, spesso, si frappongono tra noi e il ricordo storico. Autoinganni e manipolazioni che contribuiscono a tenere viva la fiamma rovente e distruttiva dell’odio e della vendetta, a volte unici motivi per cui si tende ad esaltare l’importanza del ricordo e della memoria storica. È successo tante volte. Numerosi sono gli esempi riportati da Rieff nel testo.

Jacques Le Goff riteneva che «la memoria mira a salvare il passato soltanto per servire al presente e al futuro». Ed è da posizioni come queste che, per Rieff, bisogna stare lontani per evitare che, visioni strumentali degli accadimenti del passato, condizionino il presente e il futuro.

Naturalmente non tutta la storia va dimentica. L’importante è una buona documentazione sulle fonti, sui dati, sulle testimonianze, sulla neutralità e centralità dei fatti. In generale, gli estremismi e le estremizzazioni non sono mai fonte di saggezza.

Non è solo il troppo oblio quindi a rappresentare un rischio, lo è anche la troppa memoria. E, per Rieff, in questo Ventunesimo secolo, ora che le persone di tutto il mondo, ma soprattutto del Nord del globo, sembrano ossessionate dal culto della memoria, è proprio l’eccesso di memoria che può diventare un rischio. La memoria può essere alleata della giustizia, ma può non esserlo della pace, divenendo al contrario incubatrice di odio e desiderio di vendetta. E, conclude l’autore, quando la memoria collettiva condanna una comunità a sopportare il dolore per le proprie ferite e la rabbia per i torti subiti, non dovrebbe essere onorato il dovere di ricordare, ma quello dell’oblio.

Per certo le tesi avanzate da Rieff nel testo sono una voce fuori dal coro in questo periodo in cui tanto si insiste sulla necessità di creare una solida memoria storica e collettiva che aiuti, soprattutto, a evitare il ripetersi degli errori del passato. Ma non sono in contraddizione con la tendenza generale. Vanno piuttosto intese come un differente modo di affrontare il ricordo, affrancandolo dal livore dell’odio e dalle mistificazioni. E, in quest’ottica, non si può non essere concordi con lui.

 

Il libro

David Rieff, Elogio dell’oblio. I paradossi della memoria storica, Luiss University Press, Roma, 2019. Traduzione di Gabriella Tonoli. Prefazione di Marta Boneschi. Pagg. 136, €18.00

Originariamente pubblicato negli Stati Uniti d’America e nel Regno Unito da Yale University Press con il titolo In praise of forgetting, nel 2016.

 

L’autore

David Rieff: scrittore e giornalista americano. Esperto di conflitti internazionali, immigrazione e questioni umanitarie, è autore di numerosi libri.


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