In FVG la Lega e Fratelli d’Italia cancellano il riferimento all’identità di genere nella proposta di legge sulla violenza contro le donn

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Non bastava l’ostruzionismo messo in atto in Senato, le sceneggiate di Pillon e le provocazioni di La Russa: anche ai confini dell’impero la Lega e Fratelli d’Italia hanno spolverato l’artiglieria per segnare il territorio, confermando la loro “cultura” autoritaria e antifemminista. È successo ieri in Friuli Venezia Giuliadurante la seduta della Terza Commissione del Consiglio Regionale, dove era in corso la discussione su una proposta di legge sulla violenza contro le donne, un testo elaborato con la partecipazione e la condivisione di tutti i partiti, sul quale a sorpresa sono piovuti gli emendamenti della Lega, sottoscritti anche da Fratelli d’Italia, con cui sono stati cancellati i riferimenti all’identità di genere. Le opposizioni per protesta hanno abbandonato l’Aula e convocato una conferenza stampa, durante la quale hanno sottolineato il furore ideologico con cui i seguaci di Salvini hanno voluto marchiare la legge, ma anche la mortificazione dei contributi portati dalle associazioni che sul tema negli ultimi tempi erano state ascoltate.Esce l’identità di genere ed entrano l’origine etnica, il credo religioso, la nazionalità, il sesso, l’orientamento sessuale, la disabilità. Scelta che infiamma un dibattito già incandescente a livello nazionale e che priva la legge di un aspetto importante, molto spesso usato in maniera strumentale e piegato a una propaganda finalizzata a diffondere un’informazione scorretta e priva di fondamento. Anche in questa circostanza, infatti, è tornato inesorabile il richiamo all’inesistente teoria del gender, una vera e propria invenzione polemica secondo la quale la sinistra vorrebbe cancellare il sesso biologico e le differenze tra maschi e femmine: una teoria già evocata ai tempi del Gioco del Rispetto, una proposta educativa promossa dall’allora Amministrazione comunale di Trieste nelle scuole dell’infanzia a partire daun progetto finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia e realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste e il Centro antiviolenza Goap, che aveva come unico obiettivo quello di educare alle pari opportunità e di lavorare sin da piccoli sugli stereotipi che imprigionano maschi e femmine in ruoli predefiniti.Vergognoso fu considerato allora far vedere a bambini e bambine che un papà può stirare e una mamma può fare la vigile del fuoco. In realtà, come ha dichiarato Sergia Adamo, coordinatrice del nuovo Centro Interdipartimentale di Ricerca per gli Studi di Generedell’Ateneo triestino, «evocare l’identità di genere ci permette di prendere in considerazione il ruolo degli aspetti sociali, culturali e relazionali che definiscono il nostro modo di stare al mondo. E questo non comporta per forza la costruzione di un’opposizione, un contrasto, con gli aspetti della materialità del corpo (biologici, anatomici, fisiologici ecc.) che comunemente si indicano con il termine sesso. Tendiamo a pensare per categorie oppositive e tutto ciò che rimanda alla pluralità e alla multiformità ci appare come controintuitivo, ma è fondamentale per poter immaginare una società inclusiva, giusta e aperta al futuro». Una società evidentemente diversa da quella che immaginano Lega e Fratelli d’Italia, che neanche su un tema drammatico come la violenza contro le donne, fenomeno che non accenna a diminuire e provoca una strage silenziosa in una ormai rassegnata indifferenza, riescono a mettere da parte la propaganda.


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