Se il lavoro toglie dignità

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Quando il lavoro comporta sofferenza, non dà dignità, ma la toglie. E il lavoro indegno dilaga. Soprattutto nella famigerata “logistica”, il movimento merci. Dove si concentra la schiavitù degli ultimi, immigrati e licenziati, costretti dal bisogno ad accettare lo sfruttamento. Chi prova a ribellarsi, viene bastonato da vigilantes privati davanti alla polizia indifferente, come successo a Tavazzano;  o persino ammazzato da un camion, come è appena avvenuto al sindacalista Adil Belakhdim a Biandrate.

La saldatura tra destra sovranista e neocapitalismo ha ripristinato lo schiavismo. “Che gli schiavi stiano al loro posto e si accontentino di sopravvivere o la pagheranno cara” è il messaggio implicito dei garantiti. In questa perversione, il lavoro equo per tutti non è sostenibile. Complice anche un acquirente ben “amazonizzato”, che chiede merce a prezzi bassi e consegne in tempi compressi. Il regista Ken Loach con “Sorry we missed you” ha denunciato l’inferno della logistica e il corriere che urina nella bottiglia per stare nei tempi. Basterebbe un limite giornaliero di legge umano per le consegne e tutele vere per le cooperative di facchinaggio. Ma nessuno lo vuole veramente, perché la schiavitù di pochi fa comodo a tutti gli altri. Noi.

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