Letta scarica Salvini dal governo

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La maggioranza scricchiola sotto la “guerriglia” di Salvini contro Draghi. L’astensione dei ministri leghisti sul decreto Riaperture ha inferto una brutta ferita all’esecutivo di grande coalizione. Enrico Letta ha messo sul tavolo una eventuale crisi: «Non può più succedere di nuovo che un partito dentro la maggioranza non voti» un provvedimento del governo.

È diventato un caso l’astensione della Lega in Consiglio dei ministri sul decreto legge Riaperture, una astensione motivata con il no all’allentamento del coprifuoco dalle ore 22 alle 23. Il segretario del Pd inoltre si è detto stupito perché Salvini raccoglie le firme online contro il coprifuoco alle 22 «deciso dal governo di cui fa parte». Enrico Letta ha lanciato il guanto di sfida al Capitano: «Se un partito di maggioranza non vuole stare al governo, non ci deve stare».

Un brutto attacco a Matteo Salvini perché ha un piede nel governo e uno fuori. È quasi uno “spintone” a lasciare il ministero di larghe intese. Il segretario del Carroccio ha sentito puzza di bruciato. Ha confermato una lealtà motivata al governo Draghi: «Ho tutta l’intenzione di stare dentro, ma non per fare scena muta, anche se qualcuno ci vorrebbe fuori, come il Pd». Però «basta» con le continue provocazioni di Letta. Tra le provocazioni il segretario del Carroccio ha elencato lo “ius soli” (l’estensione del diritto di cittadinanza agli immigrati), i diritti dei migranti, la richiesta «che Salvini vada a processo».

L’ex ministro dell’Interno è in una pericolosa morsa: 1) gli imprenditori leghisti del Nord vogliono il governo Draghi perché fanno il tifo per il piano di ripresa post Covid messo a punto dal presidente del Consiglio; 2) Giorgia Meloni, all’opposizione con Fratelli d’Italia, gli sta soffiando da destra una valanga di voti.

Gli scogli “riaperture” e “coprifuoco”, però, sono sempre in agguato. Alla Camera i partiti della maggioranza alla fine hanno raggiunto un accordo su un ordine del giorno per valutare a metà maggio un «aggiornamento delle decisioni prese» (in sintesi la tesi di sempre di Draghi di scegliere in base ad «dati» sull’andamento della pandemia). L’ordine del giorno di Fratelli d’Italia che voleva abolire il coprifuoco è stato bocciato, ma la maggioranza si è divisa. M5S, Pd, Italia Viva e Leu hanno votato contro mentre Lega e Forza Italia (autodefinitesi «centrodestra di governo») non hanno partecipato allo scrutinio. Così la spaccatura c’è stata ma non è stata formalizzata.

Un colpo all’acceleratore e uno al freno. Al Senato Lega e Forza Italia hanno votato contro la mozione di sfiducia presentata da Fratelli d’Italia contro il ministro della Salute Speranza. Anche Salvini, acerrimo accusatore del ministro, alla fine ha votato a favore di Speranza. Il “centrodestra di governo” questa volta si è tenuto ben distante dal “centrodestra di opposizione” della Meloni. Il “centrodestra di governo” si è limitato a chiedere «una commissione di inchiesta sulla gestione della pandemia da parte del ministero della Salute». Appuntamento al prossimo “strappo”, più o meno dolce, del Capitano verso Draghi.


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