I fascisti dell’Illinois

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Il filosofo greco, che andò per la maggiore negli anni settanta – Nicos Poulantzas -, dedicò all’epoca un lucido volume al fascismo e alle varie forme di dittatura. I regimi autoritari assumono, magari, sembianze diverse, ma non sono un ricordo sbiadito del passato. Sono parte integrante della sintassi del capitalismo, il suo eterno lato b.

Quello di Trump e dei suoi seguaci (un manipolo, tuttavia sintomo di un male oscuro più ampio) è stato un vero e proprio colpo di stato. Tentato, almeno. Con metodologie esplicitamente fasciste. L’assalto a Capitol Hill, alle sedi istituzionali di Washington, è una sequenza terribile, che si connette a quelle purtroppo già viste laddove la destra decide d ricorrere alla violenza.

Insomma, la blasonata democrazia degli Stati uniti è lesa nelle fondamenta. E una metà dell’elettorato plaude o, comunque, approva l’operato eversivo di Donald Trump. Guai, dunque, a sottovalutare ciò che le immagini ci rendono evidente in queste ore. La vicenda non si è chiusa affatto e la lezione americana ci deve ammonire sul presente e sul futuro di quella che viene chiamata “post-democrazia”. Il mondo della crisi economica, delle pandemie, della riduzione del peso delle rappresentanze, dell’attacco alla libertà di informazione.

La crisi della globalizzazione trionfante a cavallo tra gli anni ottanta e novanta del secolo scorso ha lasciato dietro di sé i mostri che ha contribuito a creare. Il mondo divenuto plebeo e diseredato a causa del liberismo crudele si mischia agli eversori ideologicamente segnati. E nelle mani di questi ultimi sta la vandea.

Senza un’alternativa il rischio è serio e drammatico. I periodi di transizione richiamano i fantasmi. E anche negli Stati uniti il problema risiede nelle debolezze dei democratici, incerti e divisi al loro interno.

Qualche domanda, per il momento senza risposta, ci dà ulteriori inquietudini.

Perché le forze di contrasto degli Usa, implacabili e cruente contro Black Lives Matter o contro i diseredati, sono state così prudenti e attendiste davanti ad un esplicito golpe? Forse complicità e connivenze stanno entro il sistema di sorveglianza e di controllo? Come e più dei film di spionaggio? I tre giorni del Condor sono una metafora?

Non si deve prendere tutto ciò sottogamba, magari per l’assuefazione allo squallore cui ci induce la messe di serie televisive che estetizzano i lati oscuri del potere. Neppure va visto con troppa clemenza l’assembramento di post e tweet sui social, dove l’odio si propala e le organizzazioni criminali si ritrovano.

Qualcosa andrà pure detto ai e sui media, per un paio d’ore impegnati a sopire, sminuire, sedare, come neanche il Conte zio. Anche la Rai, con qualche eccezione.

L’ultimo passaggio della storia americana ci dà quattro schiaffi, avrebbe detto Franco Fortini. Ce li teniamo, ma apriamo gli occhi. La lezione americana ci riguarda, eccome. I rigurgiti neo-fascisti o gli occhieggia- menti al razzismo non sono una mera isolata patologia. Sono, piuttosto, la torbida cantina in cui abbiamo paura di scendere. Per non vedere.


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