L’ Incanto sottile del butō. ‘Chang’é’ di Maruska Ronchi a Crema

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In uno spazio rituale e significativo come, più immaginato che reale nel buio, è il grande refettorio della sala Pietro da Cemmo nel complesso museale e culturale della ex area conventuale Sant’Agostino di Crema, si è appena concluso lo spettacolo, voluto e realizzato da Maruska Ronchi per la giornata contro la violenza di genere e trasmesso in streaming sulla pagina facebook di Cultura Crema (in fondo all’articolo il link alla registrazione integrale dell’evento).

Nell’assolo, di grande impatto emotivo e di eloquente sensualità nella trattenuta estetica della danza butō, Maruska sceglie di avvolgersi in un mantello azzurro che dapprima la ricopre come un bozzolo e dal quale piano si libera in un crescendo lento e ritmato di movimenti sempre più aperti.

Una specie di fuga senza tempo dentro l’universo della propria coscienza. Un riconoscersi sempre più assoluto e totalizzante. Una indagine che trasforma il sé da oggetto a soggetto. Ed è proprio la trasfigurazione, esplicita nell’idea di crisalide, il tema costante dell’interpretazione di Ronchi che è danza ma anche teatro – non sono un caso le citazioni al lavoro di Pina Bausch, perfino ad alcune sue pose usate con grande libertà, eppure rigore, durante la performance − apertura a linguaggi metamorfici e in continuo disequilibrio, proprio come è il passo dell’interprete, ora fermo, ora zoppicante. Così la lentezza assorbe il gesto e la danzatrice smette di essere se stessa, si muta nella vita che entra dentro di lei: non un simbolismo ma una ascesi che avvia un nuovo karma

temporaneo, una imitazione attiva, totalizzante e austera. Nulla è oggettivo o permanente se non lo sguardo dello spettatore che per un istante imprime sulla retina una immagine in continua dissolvenza.  La lentezza talvolta mistica di Maruska è in latente e continua osmosi tra dentro e fuori e ricerca un “per altro” costantemente attivo e premuroso. Come nel teatro nō lo scenario è assente, alcune foglie di gingko indorano il pavimento, esclusiva nota di colore insieme al blu delle vesti disegnate da Maruska: sono le musiche, dapprima le tastiere sperimentali di Mattia Manzoni, quindi la registrazione delle campane tibetane di Hiroko Komiya, quindi la chitarra di Giordano Costi e il testo della ballata sefardita La prima Vez – di nuovo una citazione di Pina −intonata con personalità e rigore dalla voce cupa di Nadia Bombelli, a suggerirci come ricostruire il paesaggio. Sappiamo che la quattrocentesca Ultima cena di Pietro da Cemmo incombe muta, assisa, sullo sfondo e il senso di antica severità pervade il buio che disegna le movenze nervose ed erotiche di Maruska. Mentre i muscoli del dorso si tendono, unica parte esposta del suo corpo, mentre, la disperata ricerca delle proprie ali contorce un doloroso e liberatorio sforzo, si manifesta lo stesso mistero assoluto dello Yūgen, l’”incanto sottile” che regola e trasforma la mimesi interpretativa in una sublime ‘impermanenza’, resa ancora più evidente dalla sostanziale improvvisazione della danza, grottesca, violenta, sensuale, volutamente aberrante, in una spasmodica ricerca di perfezione estetica dissimulata con la grazia del gesto sardonico.

Per vedere lo spettacolo in streaming clicca qui

 

CHANG’É

performance di danza butō per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2020

SABATO 28 NOVEMBRE 2020 ORE 21

in streaming sulla pagina Cultura Crema

Danza di

Maruska Ronchi

Musica dal vivo di

Nadia Bombelli, voce

Giordano Costi, chitarra

Mattia Manzoni, tastiere

 

Musica registrata di

Hiroko Komiya, campane tibetane

 

Video a cura di

Stefano Erinaldi


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