Chi non vuole il racconto dell’altra emergenza, quella dell’informazione. Il caso Report e Napoli, i clan infiltrati e i neofascisti: il volto estremo della pandemia

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C’è un’altra emergenza dentro l’emergenza covid e riguarda il pressing sfrenato contro la libertà di informazione, un tentativo pernicioso portato avanti con la scusa della libertà di manifestare, come accaduto a Napoli, o con quella della tutela dei diritti soggettivi come sta accadendo in queste ore con la puntata di Report che si è cercato di bloccare prima che andasse in onda. Un’azione incredibile, che comunque e purtroppo non è nuova. E, forse, è il segnale di un cambio di passo contro il giornalismo d’inchiesta in Italia. Per riassumere, ecco cosa è accaduto oggi pomeriggio: il deputato della Lega, nonché segretario della Lega Lombarda Salvini, Paolo Grimoldi ha inviato una diffida preventiva al direttore di Report intimando di bloccare la messa in onda. E scrivendo testualmente: “Ho dato mandato al mio avvocato, per tutelare la mia onorabilità e la mia immagine pubblica di deputato del Parlamento italiano, di inviare alla Rai un diffida sulla messa in onda questa sera nella trasmissione di Rai 3, Report, di un servizio in cui, vedendo le anticipazioni pubblicate sulla pagina Facebook della suddetta trasmissione, vengo diffamato e in cui vengono mostrati presunti screen shot di mie presunte private e riservate comunicazioni avvenute tramite messaggio. Ho richiesto inoltre che si proceda all’immediata rimozione e cancellazione dalla pagina Facebook della trasmissione Report di qualsivoglia video o riproduzione relativa ai fatti descritti. Mi riservo inoltre di portare avanti nelle sedi competenti le azioni legali a tutela della mia reputazione, presentando una querela per diffamazione nei confronti della trasmissione Report”. A dare notizia di questo documento dai toni perentori e assai vicini a quelli di un regime è stato il direttore della storica trasmissione Rai, Sigfrido Ranucci. Azione temeraria quella di annunciare una querela per diffamazione ancor prima della pubblicazione del servizio. Ma così è andata. Per il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, si è trattato di un “evidente tentativo di imbavagliare l’informazione pubblica e soprattutto di impedire il diritto all’informazione su argomenti di straordinario interesse collettivo come il diritto alla salute”. Sull’informazione al tempo dell’emergenza covid l’uscita dell’onorevole Grimoldi segue di poche ore quanto avvenuto a Napoli dove il corteo di protesta infiltrato da esponenti di clan camorristici ha aggredito diversi giornalisti e operatori che stavano, appunto, filmando gli autori di quella che è apparsa subito una manifestazione violenta che poco aveva a che vedere con le misure restrittive del Governo contro l’aumento dei contagi. Stesso copione a Roma: nella serata di venerdì chi ha raccontato la protesta della piazza, chiaramente condizionata da gruppi neofascisti, si è visto coprire di insulti come è accaduto ad Antonella Napoli, che ne ha scritto per Articolo 21 e che subito dopo sui social è stata appellata con epiteti misogini irripetibili. La stessa Federazione Nazionale della Stampa è al centro di attacchi violenti e quotidiani, praticamente finisce nel mirino dei neonazisti (anonimi e no) ogni volta che difende un giornalista che racconta “l’altra emergenza”, quella di un’informazione che per alcuni non dovrebbe includere fatti scomodi, connivenze, reati, abusi che non hanno nulla a che vedere né con l’emergenza sanitaria né con quella economica. Non si spiega altrimenti ciò che è avvento sotto ad un tweet di Paolo Berizzi, definito “paranoico”, e rilanciato da Giuseppe Giulietti cui è stata annunciata una sorta di “pulizia etnica”. Voci sui social lanciate come pietre, nascoste dietro profili falsi e riconducibili chiaramente a movimenti vietati dalla Costituzione. E’ difficile credere che una simile platea di aggressori seriali abbia a cuore le sorti dell’economia. E forse è del tutto disinteressata pure alla pandemia.


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