Eutanasia, caso Trentini. Intervista al dott. Mario Riccio

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Nell’ultimo anno di vita il signor Davide Trentini era dipendente anche dalla funzione meccanica manuale evacuativa delle feci, in assenza della quale si sarebbe verosimilmente giunti ad un quadro occlusivo meccanico”. Prosegue il testo: “Il quadro clinico del signor Davide Trentini – nei suoi  ultimi anni di vita – era particolarmente deteriorato e compromesso dalla malattia”.

LA PERIZIA MEDICA DEL CASO TRENTINI

Termina con queste considerazioni la perizia medica stilata dal dott. Mario Riccio incaricato dai difensori di Marco Cappato e Mina Welby nel procedimento giudiziario sulla scelta di fine vita di Davide Trentini.

Viene peraltro dettagliato  come Trentini dipendesse “da due principali forme di sostegno vitale: farmacologico e meccanico. L’interruzione della terapia farmacologica in atto avrebbe infatti comportato sia uno scompenso cardio-circolatorio che un aggravamento della sintomatologia invalidante ed algica”. Pertanto “l’insieme del decadimento delle due componenti ne avrebbe notevolmente compromesso la sopravvivenza”.

LA PERSONA E LA SUA AUTODETERMINAZIONE

A chi,  all’indomani della sentenza di assoluzione dei due imputati,  si è schierato tra i “pro e i contro”  denunciando  addirittura come la Corte di  assise di Massa “avesse addirittura travalicato i confini della  sentenza emessa a settembre 2019 dalla Corte costituzionale” Riccio prima risponde: “Aspetto di leggere il dispositivo dei giudici ma ad oggi è ben chiaro il fatto di come non sia più necessario essere attaccati ad una macchina per poter esprimere la propria autodeterminazione in termini di scelta  di fine vita”. Poi spiega come i giudici di Massa,  anzi, si siano attenuti scrupolosamente ai quattro punti della consulta (patologia irreversibile, la propria volontà, sofferenze fisiche-psicologiche non tollerabili e capacità di prendere decisioni in modo autonomo).

Abbiano cioè  intenso nella maniera più completa ed estensiva quanto deciso dalla Corte costituzionale che peraltro non si era mai limitata ad indicare solo determinati trattamenti.

SONO BASTATI 45 MINUTI PER DECIDERE PER L’ASSOLUZIONE

Il medico poi ribadisce quanto già messo nero su bianco l’8 luglio  scorso nella sua perizia in cui si leggono passaggi  che con ogni probabilità sono stati determinanti per i togati che dopo soli 45 minuti di camera di Consiglio hanno stabilito la totale assoluzione per Welby e Cappato nel processo per la morte del  53enne affetto da Sla deceduto il 13 luglio 2017 in una clinica Svizzera. I primi sintomi della grave patologia –  con la relativa diagnosi – avevano iniziato a manifestarsi nel 1993.

IL REGIME TERAPEUTICO

“Il signor Davide Trentini era seguito da vari centri e negli anni eseguiva con scrupolo la terapia assegnatagli. Dalla documentazione fornitami e dai colloqui avuti con la madre risulta però che la condizione clinica si era notevolmente deteriorata negli ultimi anni. I dolori generalizzati erano divenuti di difficile controllo farmacologico,così come gli spasmi muscolari e le continue scosse, nonostante assumesse una importante terapia antispastica e antidolorifica che andremo ad esaminare più avanti nel dettaglio. A questo si aggiunga che il signor Davide Trentini aveva sviluppato negli anni un grave stato ipertensivo che lo rendeva dipendente da un farmaco antipertensivo (Carvedilolo) che viene utilizzato come prima scelta per prevenire scompensi cardiaci secondari ad un regime pressorio elevato.

“Per il controllo del dolore e degli spasmi già assumeva –come dalla documentazione agli atti– la terapia che riassumo nel seguente schema (in grassetto il nome commerciale, in corsivo il nome della molecola) con una breve spiegazione dell’indicazione terapeutica  :

  • Sativex= cannabinoide (cannabis ) serve a ridurre il dolore  e la spasticità muscolare secondaria alla malattia;
  • Lioresal= baclofen in associazione al cannabinoide riduce la contrattura/spasticità della muscolatura secondaria alla malattia. L’insieme dei due farmaci (sativex+ lioresal) permette pertanto la mobilità del paziente che si traduce in maggiore autonomia, riduce inoltre il rischio di insufficienza respiratoria ed allontana il rischio della necessità di un supporto ventilatorio;
  • Lyrica= pregabalin  serve anch’esso a ridurre il dolore dei nervi periferici tipici della patologia. Svolge inoltre una funzione di ansiolitico.

Nonostante tale regime terapeutico, il signor Davide Trentini nell’ultimo anno dovette ricorrere alle cure specifiche di un terapista del dolore, il dr. Vincenzo Mondello al tempo Responsabile della Struttura Semplice di Terapia del Dolore ed Hospice di Carrara. Stante l’ulteriore peggioramento delle condizioni cliniche ed in particolare della componente dolorifica, questi aggiunse alla terapia anche il farmaco Fentanil –analgesico oppioide di sintesi che rilascia un composto cento volte più potente della morfina-  per via trans dermica, ovverossia in cerotto. Tale informazione –come i successivi elementi descrittivi clinico, evolutivi– pur non presente nella documentazione agli atti mi è stata fornita appunto dalla madre durante i nostri colloqui telefonici,come specificato in premessa. Nell’aprile del 2016 il signor Davide Trentini cade – evento tipico della patologia -, fratturandosi alcune coste. Il dr. Mondello decide quindi per un breve ricovero presso il proprio reparto Hospice. Alle dimissioni domiciliari il Trentini è sostanzialmente costretto a letto, in particolare gli viene fornito un letto di tipo ortopedico ospedaliero che gli permette di svolgere alcune funzioni nel corso della giornata. Ma i dolori lamentati dal signor Davide Trentini sono tali che il dr. Mondello è costretto ad incrementare il dosaggio dei cerotti di Fentanil fino ad una sostituzione quasi giornaliera degli stessi, invece che  settimanale o al massimo bisettimanale come prassi terapeutica ordinaria. In occasione di una visita domiciliare la madre riferisce che –a fronte della persistente condizione di sofferenza del figlio– il dr. Mondello deve necessariamente spiegare al signor Davide Trentini che un ulteriore incremento del dosaggio avrebbe comportato l’arresto respiratorio e la morte quale conseguenza di un overdose del farmaco”.

SUL CASO TRENTINI TROPPE SEMPLIFICAZIONI

Mario Riccio è specialista in anestesia e rianimazioni all’ospedale di Cremona e  alla Sua sede decentrata  di Casalmaggiore.

È reduce  dal post Covid, che a Cremona ha colpito duro, accetta di parlare perché  dice di “aver  letto troppe semplificazioni sulla vicenda”.

Ha accettato di parlare anche perché il suo auspicio personale, prima ancora che come medico è che “ora chi deciderà di legiferare – con Decreto come taluni giuristi addirittura chiedono o in via parlamentare  – sia in grado di superare  anche il concetto che la richiesta di morte medicalmente assistita sia subordinata ad un trattamento  terapeutico”.

Ciò che insomma aveva caratterizzato i casi Englaro, Welby e Dj Fabo non riguardava Trentini.

L’ARTICOLO 3 DELLA COSTITUZIONE

Riccio di avvale addirittura dell’articolo 3 della Costituzione (tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…) per spiegare ancora meglio: “Sulla base del concetto di autodeterminazione delle persona non può sussistere differenza tra rimane in vita grazie a supporti meccanici  rispetto a chi lo è grazie a cure farmacologiche o azioni meccaniche anche manuali”.

Nel caso di Davide infatti si legge come: “Trentini presentasse anche un ulteriore grave sintomo clinico legato alla sua specifica patologia. La progressiva paralisi della muscolatura intestinale rende sempre più difficile l’evacuazione delle feci (stipsi cronica). Negli ultimi anni la defecazione risultava sempre più difficoltosa. Nell’ultimo anno era necessario sottoporlo a regolari evacuazioni manuali per prevenire la formazioni di fecalomi e la conseguente occlusione intestinale meccanica. Il fecaloma è il risultato della persistenza delle feci nel tratto finale dell’apparato digerente (colon-retto). Le feci si compattano raggiungendo una consistenza tenace, inoltre la permanenza delle stesse nell’intestino favorisce il riassorbimento della componente idrica del fecaloma che lo rende ancor più duro e quindi ulteriormente difficile da essere espulso. Pertanto,  è necessaria la  evacuazione manuale. Se non si provvede manualmente – negli stati avanzati della patologia non trovano utilità alcuna gli ordinari farmaci lassativi o i semplici clisteri – il quadro evolve in una condizione di occlusione intestinale meccanica. L’intestino si gonfia fino a provocare due conseguenze letali: prima  l’ischemia intestinale – dovuta alla pressione del fecaloma stesso sulle pareti – ed infine la conseguente rottura da scoppio del colon anche favorita dalla mancata fuoriuscita dei gas intestinali. Senza dimenticare la componente tossico – metabolica che consiste nell’inevitabile riassorbimento nell’organismo delle sostanze di rifiuto contenute nelle feci che stazionano nell’intestino,ad esempio – tra i vari fenomeni osservabili –  la traslocazione batterica che può determinare una grave sepsi generalizzata. Sia l’ischemia intestinale che – ancor di più – la perforazione intestinale sono condizioni ovviamente incompatibili con la sopravvivenza”.

LA VITA COME BENE DISPONIBILE

Il dottor Riccio ribadisce quello che ritiene un concetto fondante e di civiltà: “Una legge sul fine vita rispetto ad un paziente affetto da una patologia degenerativa inguaribile che gli procura sofferenze fisiche o psicologiche dovrà superare il concetto che si debba dimostrare di quale sostegno vitale faccia utilizzo. Se la propria vita è un bene disponibile deve essere l’individuo a deciderne. Mi auguro che il legislatore tenga conto di tutto ciò”.

I togati di Massa durante l’udienza hanno respinto la richiesta di rinvio – chiesta da pm Marco Mansi – del processo ai sensi dell’articolo 507 del codice di procedura penale per ammissione di nuove prove; nello specifico “di una nuova consulenza d’ufficio, o l’acquisizione di nuove testimonianze”.

I giudici hanno impiegato oltre 2 ore a decidere di respingere la richiesta della Procura di rinvio.

Quegli stessi giudici hanno impiegato 45 minuti per dichiarare l’assoluzione “perchè il fatto non costituisce reato” dall’accusa di aiuto al suicidio per la morte di Davide Trentini.


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