La politica ascolta la cultura: clamorosa innovazione

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La politica ascolta la cultura. Non era mai capitato prima un incontro così intenzionale tra due mondi separati da reciproca diffidenza. Giunta, in passato, sino alla oscena dichiarazione di un ministro berlusconiano: “con la cultura non si mangia”. Invece Conte ha concluso gli Stati Generali convocando scrittori, attrici, architetti, attivisti ed altri intellettuali, per sentire pensieri e preoccupazioni di chi per professione cerca il senso delle scelte. Un gesto coraggioso e innovativo, che supera il pregiudizio di chi pensa che le soluzioni concrete non possano essere cercate con chi intaglia emozioni.

Eppure la cultura è il software di una nazione, che anima un sistema altrimenti amorfo. Indica il senso profondo di scelte pragmatiche, senza il quale si viaggia spinti solo dal populismo dei sondaggi. Teatro, libri, cinema, mostre ci danno consapevolezza, identità, provocazioni, tutte energie vitali contro l’immobilismo della tradizione, del conformismo, del fatalismo. Non so se Conte realizzerà il cambiamento a cui mira, ma aver dedicato una sessione alla cultura, lo rende già un personaggio in netta discontinuità con i politici del passato.

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