Nelle case popolari di Milano dove cresce la fame

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di Dario Paladini

Lavoratori in nero, occupanti abusivi, immigrati irregolari, famiglie numerose: c’è una fascia di popolazione che con l’emergenza coronavirus sta pagando un prezzo altissimo. Senza lavoro non hanno più soldi e non accederanno alla misure anticrisi del Governo o dei fondi nati in queste settimane. E il pacco viveri arriva… quando arriva
naga.it
MILANO – Dal Giambellino a Quarto Oggiaro, da Calvairate a San Siro: chi aveva un lavoro in nero non può neanche sperare di poter beneficiare di uno dei sostegni previsti dal Governo per i lavoratori. E di famiglie o singoli in queste condizioni a Milano ce ne sono molte. C’è poi chi somma alla condizione di lavoratore in nero anche quella di straniero senza permesso di soggiorno e o occupante abusivo di un alloggio popolare. Magari con due o tre figli a carico. “Per tutte queste persone la situazione è davvero difficile, non hanno soldi per comprarsi da mangiare – racconta uno dei volontari che preferisce rimanere anonimo -. Abbiamo chiamato il Comune e dopo due settimane è arrivato, a una famiglia di cinque persone, un pacco con due chili di pasta, uno di riso, qualche barattolo di salsa di pomodoro, dei legumi in scatola e pomodori”.
Il problema non è cosa il Comune e la rete del terzo settore riescono o meno a fare ora. Perché l’elenco delle iniziative per fronteggiare la crisi è lungo. Sono stati attivati da subito servizi a domicilio per gli over 65, dormitori, mense e unità di strada hanno continuato ad assistere i senza dimora (per i quali è stata allestita anche una struttura temporanea aggiuntiva per accoglierli), il Comune ha creato il Fondo di Mutuo Soccorso (3 milioni di euro) mentre la Diocesi il Fondo San Giuseppe (4 milioni di euro). Ci sono i custodi sociali. Arriveranno anche i buoni pasti, grazie ai fondi stanziati dal Governo tramite la Protezione Civile: per Milano sono previsti 7,2 milioni di euro. Ma ci sono persone in grave stato di bisogno che per ora sono state raggiunte a fatica e per le quali nessuno è in grado di garantire qualcosa per il futuro. “Chi è più debole, dall’immigrato irregolare a chi occupa un alloggio popolare, ci sta rimettendo di più”, continua il volontario. Soprattutto se prima dell’emergenza coronavirus non era così povero da dover chiedere aiuto alle mense per i poveri, ma viveva comunque ai margini dal punto di vista lavorativo, abitativo o non era in regola se straniero.
Il Naga, associazione che offre assistenza medica e legale a stranieri senza permesso di soggiorno, in questi giorni ha iniziato, per la prima volta nella sua storia, a distribuire pacchi alimentari. “L’emergenza coronavirus non è uguale per tutti e tutte -scrive sulla propria pagina Facebook-. La scorsa settimana abbiamo consegnato derrate alimentari a circa 200 abitanti di alcuni stabili milanesi. Si tratta di un’attività estranea a quelle solitamente svolte dall’associazione. Di fronte alla richiesta che ci era stata rivolta, abbiamo deciso di intervenire perché non si sono trovate realtà istituzionali disposte a farlo. Questo è accaduto perché gli stabili dove siamo stati sono stabili occupati. Il Naga ha dato risposta ai bisogni essenziali di persone che, ancora una volta e soprattutto in questa situazione di emergenza, sono escluse dall’accesso agli aiuti e ai servizi pubblici perché fuori dalla normalità presupposta dalle direttive, in quanto privi di documenti, di alloggi e di lavori “regolari”. Molte di loro sono le stesse persone migranti, rom e sinti che si rivolgono a noi per far emergere e riconoscere i propri diritti. Emersione e riconoscimento che, al tempo del coronavirus, riguardano anche il diritto più essenziale di tutti e, cioè, l’accesso a generi alimentari necessari per il sostentamento”.
Nei caseggiati delle case popolari il bisogno di cibo sta crescendo. Nel municipio 6, in particolare nei quartieri Giambellino e Barona, le famiglie che hanno bisogno del pacco alimentare del Comune sono passate da 200 di settimana scorsa a 400 di questa settimana. “E sempre più famiglie ci raccontano che hanno problemi di liquidità di denaro, perché il pacco è un aiuto per l’immediato, ma in prospettiva?” si chiede una volontaria di un’altra associazione.
Da redattoresociale

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