Nelle carceri dopo la rivolta: Antigone propone un pacchetto di interventi contro disperazione e solitudine. Partendo dalla svolta tecnologica

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Un rapporto dell’associazione Antigone spiega cosa sta succedendo in queste ore nelle carceri italiane e cosa si può fare per attutire gli effetti del coronavirus e i timori che sono stati alla base delle rivolte della settimana scorsa, archiviate, probabilmente, troppo in fretta.  Ci sono stati quattordici morti negli istituti penitenziari italiani (50 quelli coinvolti). Una  notizia che avrebbe scosso alle fondamenta la  nostra democrazia se non fossimo stati alle prese con questa grave emergenza sanitaria nazionale. Ma intanto lì, tra le mura del carcere resta il sovraffollamento come anomalia cronica nel nostro Paese, con tanta paura, anche del virus ma non solo, disperazione, solitudine, incertezze. Il fatto che alcuni detenuti siano morti per overdose dice molto, ci ricorda che nelle carceri italiane circola tantissima droga e  ci sono gerarchie lì dentro, tra i detenuti, ci sono soprusi e violenze e il lavoro fatto dalla polizia penitenziaria certe volte è eroico e i volontari adesso non possono più entrare, collaborare come prima. Anche questo pianeta sta cambiando.

Antigone, con Anpi, Arci e gruppo Abele, snocciola in queste ore dati raggelanti su quel “pianeta”: i  posti disponibili  nelle carceri italiane sono 50.931, cui vanno sottratti quelli resi inagibili nei giorni scorsi; alcuni istituti hanno un tasso di sovraffollamento del 190% poiché i detenuti presenti (a fine febbraio) erano 61.230 ed è evidente che le distanze previste dalle norme sulla prevenzione in quelle strutture non possono essere rispettate, visto che in alcune celle ci sono tre persone in spazi di 12 metri quadrati in media. Bisognerebbe sanificare gli spazi comuni ed effettuare un rifornimento di presidi sanitari e prodotti per l’igiene per cercare di uniformare il “mondo di dentro” col “mondo di fuori”.

Antigone e le altre associazioni hanno proposto un pacchetto di interventi per estendere le misure di protezione contro il coronavirus anche alle carceri. E tra questi cui sono l’estensione della detenzione domiciliare per le persone che hanno già problemi di salute, per coloro che hanno già il regime della semilibertà e trasformare le sentenze esecutive che prevedono il carcere in regime dei arresti domiciliari, ciò al fine di attenuare almeno il sovraffollamento.  Nell’immediato viene proposto l’acquisto di smartphone per ogni cento detenuti così da poter ampliare la possibilità dei colloqui i video con i familiari su numeri già autorizzati e comunque con la presenza di un agente, in fondo sarebbe solo una modalità tecnologica rispetto ai colloqui in luoghi fisici che sono vietati in questo periodo.  Allo stesso scopo viene altresì proposto l’ampliamento dei canali via mail e altre opzioni di colloqui on line sempre con familiari e nei limiti previsti.


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