La crisi c’è ma il governo vive

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Il “governo del cambiamento” è in coma ma ancora non è morto. Strano. Matteo Salvini lunedì 5 agosto ha incassato il voto di fiducia al Senato sul decreto sicurezza bis e due giorni dopo, il 7 agosto, ha staccato la spina al suo esecutivo per i troppi “no” di Luigi Di Maio (in testa la bocciatura grillina della Tav). 

Il segretario del Carroccio ha aperto la crisi politica dopo mesi di spallate e di protagonismi da premier ombra, ma il ministero M5S-Lega è ancora in piedi. Sembra assurdo ma è così. Salvini non si è dimesso né ha ritirato la delegazione dei ministri leghisti così il “governo del cambiamento”, anche se con la bombola dell’ossigeno, ancora respira.

 Salvini ha presentato una mozione di sfiducia al Senato: il 20 agosto prenderà la parola il presidente del Consiglio Conte in rotta di collisione con il suo vice premier leghista (l’ha accusato di «sleale collaborazione»), poi l’assemblea di Palazzo Madama voterà sulla sorte del governo. Il Capitano rilancia gli attacchi all’esecutivo giallo-verde («Il 20 agosto sfiduceremo il governo»)  e conferma la richiesta delle elezioni politiche anticipate («Prima si vota e meglio è»).

Tuttavia l’impresa non è così semplice. Salvini al Senato e alla Camera può contare sul 17% dei parlamentari, quelli ottenuti nelle politiche del 2018, e non sul 34% dei seggi, quelli conquistati nell’Europarlamento nel voto del 26 maggio.

 Costatati gli scarsi numeri è in cerca di alleanze per dire no agli «inciuci» e ai «governi strani». Ha cercato di riprendere i contatti con Silvio Berlusconi, il vecchio alleato di centro-destra accantonato dopo il varo del governo con i cinquestelle. Ma l’incontro con il presidente di Forza Italia è saltato senza una motivazione ufficiale, ma la spiegazione è prevedibile. Tra il giovane Salvini in ascesa e il vecchio Berlusconi al tramonto non sembra ancora maturato un rapporto di fiducia su come ricostruire il centro-destra e su coma presentarsi al possibile voto anticipato.

Se mai ci saranno le elezioni anticipate. I grillini non vogliono andare a votare; larga parte del Pd (con al centro i renziani) sono sulla stessa posizione; la sinistra radicale, i centristi e gran parte di Forza Italia vogliono schivare le urne. La ragione è semplice: gli ultimi sondaggi danno la Lega come grande favorita con il 36% dei voti.

Così fioriscono le proposte di nuovi governi: di garanzia elettorale, di scopo, tecnico, politico di legislatura. La formula comune è: tutti uniti contro Salvini per evitare l’aumento dell’Iva nella prossima legge di Bilancio (progetto di Matteo Renzi) e realizzare la riduzione del numero dei parlamentari (richiesta di Di Maio) con una apposita legge costituzionale alla quale manca l’ultimo voto della Camera.

Berlusconi esamina con attenzione la situazione e le mosse del Capitano. Forza Italia, giorni fa, ha annunciato: l’accordo per far cadere il “governo del cambiamento” è a «buon punto». Berlusconi prende tempo. In particolare difende l’identità di Forza Italia e rifiuta il suo assorbimento all’interno di una lista elettorale del Carroccio.

Un fatto è sicuro. Il blitz tentato da Salvini per andare subito alle elezioni anticipate ed incassare il raddoppio dei parlamentari è fallito. Se cadrà il governo grillo-leghista spetterà a Sergio Mattarella esaminare la situazione. Spetterà al presidente della Repubblica verificare se in Parlamento esista o meno un’altra maggioranza per formare un esecutivo diverso.

 Sembra allontanarsi il voto anticipato ad ottobre. Perfino il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, distaccandosi dal Capitano, ipotizza un governo elettorale per impedire l’aumento dell’Iva e quindi aprire i seggi elettorali all’inizio del 2020.

Così Salvini sembra pronto a un ripensamento, a fare marcia indietro sulla crisi. In una conferenza stampa appare disponibile a riaprire il dialogo con Di Maio: «Il mio telefono è sempre acceso», per l’Italia «abbiamo bisogno di sì». Ma il capo politico dei cinquestelle sembra respingere le aperture. Da Facebook fa partire una bordata: Salvini «ora è pentito, ma ormai la frittata è fatta»,  è tornato «nelle braccia di Berlusconi».


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