Ugo Gregoretti, una vita da corsaro ironico e autoironico

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Quando iniziai il mio primo libro sulla storia/storie della Rai che compiva 40 anni di televisione il primo che andai a intervistare fu Gregoretti. Venivo dagli anni di Sottotraccia, un progetto semplicemente favoloso che quel mastino di Angelo Guglielmi usava un po’ da tappabuchi intellettuale per la nascente terza rete,e che al TG 3 amavamo molto e seguivamo in redazione con un non richiesto silenzio incantato. Ugo, che non mi conosceva, mi regalò uno splendido pomeriggio nella sua bella casa nel centro di Roma, raccontandomi aneddoti, scene, gags, pettegolezzi, che mi fecero subito capire che cosa fosse la Rai davvero. Lui la conosceva da dentro e non dal versante giornalistico, almeno nel senso organizzativo. Nella realtà il primo programma giornalistico, con la classica forma delle interviste, ma che segna un confine reale fra il giornalismo di prima e quello di dopo è proprio il suo indimenticabile “controfagotto”. Di quella stagione chi era bambino come me ricordava pochino, ma i pezzi migliori di “controfagotto” appaiono magicamente in “sottotraccia”, che a mio modo di vedere resta un’opera decisiva per la comprensione del fenomeno della TV in assoluto.

Diciamolo con chiarezza: Ugo trovava le classiche famiglie italiane prototipo di quegli anni e li prendeva per i fondelli davvero, trovando spesso un arguto contraddittorio che rendeva la scena ancora più bella e esilarante. Non si sarebbe più potuta fare un’intervista paludata, rigorosa, rispettosa anche degli aggettivi usati ma che non avesse quella carica di veridicità, di freschezza, di sorpresa che tutti gli intervistati o interlocutori di Ugo avevano.

Perchè lui era così. Un uomo colto come pochi, di una cultura vera, meditata, rielaborata e con Nanni Loy, in formati molto diversi, diede a metà degli anni ’60 una linea di svecchiamento totale a qualsiasi approfondimento giornalistico. Era ancora un “corsaro”, come furono soprannominati da Filiberto Guada, il cattolicissimo presidente tuttofare della Rai di allora, che con intemerata forse follia, prese questi vincitori di concorsi non giornalistici per fare la televisione la cui programmazione ufficiale doveva partire un anno dopo. Era il 1953 e questa squadra fu denominata quella dei “corsari” e insomma il soprannome gli stava bene, visto che con Ugo c’erano Gianni Vattimo, Furio Colombo; Umberto Eco, tanto per dirne alcuni.

Ugo resterà corsaro per sempre. E anche uomo di televisione per sempre, nonostante fantastiche produzioni di cinema, in teatro, in ogni forma di spettacolo.

Ma la TV, quello è il vero terreno nuovo. Così arriva il raffinato, divertente e a volte delirante “Circolo PIckwic” nel mitico anno 1968. Quello i giovani lo capiscono, gli anziani meno.

L’eclettismo di Ugo era irrefrenabile, quindi da quel momento la sua storia televisiva si intreccerà continuamente con le regie di film e di opere, con le trasposizioni cinematografiche, con gli allestimenti di grandi opere teatrali, e poi con i libri.

Negli ultimi anni Ugo, ricco di quella intelligenza vivace giovanile, della sua innata eleganza e dal senso dell’ironia che magari avrebbe anche non voluto avere ma usciva spontanea da dentro di lui, era tornato a scrivere il romanzo della sua vita ma già concepito in chiave multimediale, e io spero che diventi quel film che doveva essere proprio con Rai Cinema. Gli ultimi 20 anni è stato un grandissimo operatore culturale, e un divulgator sempre a disposizione dei giovani per insegnare senza alcuna prosopopea: ha dato un grande contributo a tutti i documentari fatti con le Teche Rai – che amava in modo viscerale e riteneva il più grande patrimonio aziendale da difendere- e credo proprio che mi abbia voluto bene, tanto che insieme al presidente Petruccioli mi chiamavano “santa subito”.

Sapeva fare tutto e lo si vide in lezioni di design con Rai Eductional,come ricorda Renato Parascandolo. Incontrarlo era una gioia, ti raccontava sempre qualcosa di nuovo e sempre elegante come un dandy napoletano, corrosivo e anche un po’ cinico, ti diceva qualcosa di interessante che tu non sapevi.  E spesso faceva la battuta: per entrare alla Rai io fui raccomandato, ma almeno era entrato uno dei meglio!

Ci pensavo guardando le notizie della sua scomparsa alternarsi a programmi pomeridiani della prima e seconda rete della Rai che al tempo di Gregoretti sarebbero stati forse scartati da una TV non locale, ma di quartiere. Torneranno gli Ugo Gregoretti nel secondo millennio? Ugo direbbe di si, a patto che si tironi a mangiare il castagnaccio.

 


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