Mosul, a un anno e mezzo dalla sconfitta di Isis ancora instabilità e sanità limitata. Msf: resistenza agli antibiotici nuova emergenza

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    Sono trascorsi 19 mesi dalla caduta del bastione iracheno dell’Isis, al termine di una lunga battaglia per la liberazione di Mosul. La città sta affrontando una lenta fase di ricostruzione ma rimane epicentro di una delle crisi umanitarie più vaste al mondo. Sono ancora oltre 2 milioni le persone che necessitano di aiuti e assistenza nel solo distretto nord orientale. In poco meno di cinque anni di furia jihadista sprigionata tra Siria e Iraq sono stati distrutti 76 centri di cura su 98, 9 ospedali su 10, 63 luoghi di culto e gravemente danneggiati circa 11 mila edifici, 308 scuole e 12 centri educativi.
    Come rilevava qualche settimana fa Medici senza Frontiere l’impatto del conflitto sulla popolazione è stato devastante soprattutto dal punto di vista sanitario. Migliaia i feriti di guerra soccorsi garantendo cure salvavita d’emergenza ma anche interventi di salute materno-infantile, effettuando parti d’urgenza e cure post-operatorie per tutti i pazienti che ne avevano bisogno.
    Sulla situazione attuale e su quali siano le esigenze che si ritrovano ad affrontare gli operatori abbiamo sentito la dottoressa Enrnestina Repetto, infettivologa nei progetti di MSF in Medio Oriente e per anni coordinatrice del presidio sanitario Msf di Mosul.
    “Abbiamo aperto ad aprile 2018 un ospedale a Mosul che prende in cura persone con complicanze post traumatiche (traumi di guerra o accidentali) che hanno bisogno di interventi di chirurgia ricostruttiva –racconta – Sviluppare infezioni sub-acute/croniche è una delle possibili complicanze che si riscontrano nei pazienti con trauma pregressi, soprattutto se nelle fasi acute le cure sono state, per svariate ragioni, sub-ottimali”.
    La dottoressa rileva che nei primi sette mesi di attività è stato riscontrato che quasi il 40% dei pazienti ricoverati presentava infezioni multiresistenti agli antibiotici.
    “La resistenza agli antibiotici è causata da una serie di fattori – spiega la Repetto – l’utilizzo indiscriminato di antibiotici è una delle cause, ma ci sono molti altri fattori che giocano un ruolo importante, ad esempio la carenza di corrette pratiche di controllo delle infezioni negli ospedali, prescrizioni antibiotiche non corrette, qualità subottimale degli antibiotici utilizzati, mancanza di adeguati strumenti di diagnosi e sorveglianza delle infezioni batteriche, insufficiente sensibilizzazione a livello della popolazione sul corretto utilizzo degli antibiotici e così via”.
    Secondo l’operatrice di Msf molti di questi fattori sono presenti da decenni in Medio Oriente e questo spiegherebbe l’elevata incidenza della resistenza agli antibiotici.
    “La resistenza agli antibiotici si verifica anche in molti altri paesi in cui MSF lavora – continua – Il fenomeno non è nuovo, ma deve essere affrontato con urgenza per evitare che progredisca a livelli non gestibili con le risorse disponibili”.
    MSF attraverso i progetti che ha in campo garantisce “che siano messe in pratica le corrette misure di prevenzione e controllo delle infezioni negli ospedali, che la prescrizione degli antibiotici da parte del personale medico sia appropriata (investendo sulla formazione del personale locale e strutturando specifiche attività di antibiotic stewardship), che i pazienti e le comunità che beneficiano dei servizi medici siano correttamente informati sul fenomeno della resistenza agli antibiotici e siano educati al loro corretto utilizzo, e che metodiche di diagnosi microbiologica di buona qualità siano disponibili” conclude la dottoressa Repetto.
    In una realtà come Mosul, dove il sistema sanitario è ancora al collasso e a fatica riesce a far fronte al ritorno in città di migliaia di persone, servono con urgenza strutture di pronto soccorso, sale operatorie, servizi per pazienti oncologici e ustionati, così come attrezzature mediche e forniture di farmaci costanti e a basso costo. Oltre all’assistenza psicologica per le persone che affrontano il trauma della violenza e della perdita dei propri cari.
    Tenendo presente che l’elemento della sicurezza non è affatto acquisito, come testimonia l’esplosione di un’autobomba fuori da un ristorante di Mosul, nel quartiere al-Muthanna, giovedì scorso. Una giovane donna e un agente di sicurezza le vittime dell’attacco terroristico, dieci le persone ferite.
    La scorsa settimana un’altra autobomba era esplosa nelle vicinanze dell’Università uccidendo una persona e ferendone altre 13.
    Pazienti, ancora una volta, curati dai medici di Msf che continuano a garantire assistenza 24 ore su 24.


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