“Liberi di scegliere”, tv movie in onda su Rai1 martedì 22 gennaio: una bella iniziativa, ma serve più coraggio ed intensità per contrastare gli effetti criminogeni di serie come “Gomorra”

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Un plauso per la bella iniziativa va indirizzato – senza dubbio – alla Rai che sempre più vorremmo “servizio pubblico”, con iniziative coraggiose e controcorrente: questa sera (martedì 22 gennaio) va in onda, in prima serata, sulla rete ammiraglia, il film per la televisione “Liberi di scegliere”, per la regia di Giacomo Campiotti, prodotto da Rai e dalla Bi.Bi di Angelo Barbagallo, un “tv movie” che “legge” l’habitat criminale in una prospettiva altra (critica) rispetto a quella cui siamo purtroppo spesso abituati dall’industria televisiva. La fiction vorrebbe rappresentare la criminalità nella sua dimensione introspettiva ed intima, come luogo di dolore, motore di sofferenza, e non nella sua dimensione apparente (danaro, lusso, esercizio di potere…). Al di là delle apparenze, nel male, si vive male.

Il film è stato presentato questa mattina alla Camera dei Deputati, ed il Presidente Roberto Fico ha rimarcato come sia questo il servizio pubblico cui deve puntare sempre di più la Rai. Il Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il grillino Nicola Morra, si è associato all’apprezzamento di Fico, anche se un suo avverbio ha suscitato qualche perplessità, avendo detto “finalmente la Rai”, quasi a sostenere che finora Viale Mazzini non avesse fatto nulla (o comunque poco) in questa encomiabile direzione…

Simpatico l’intervento del Direttore Generale ovvero Amministratore Delegato della Rai, Fabrizio Salini, che – leggendo emozionato alcuni appunti – ha evocato la realizzabilità dei sogni, facendo riferimento autobiografico ad un suo personale desiderio: “io, da giovane, volevo lavorare in televisione, questo era il mio sogno: e ci sono riuscito, da pochi mesi guido la Rai, un’azienda che è una cassaforte di valori… un’azienda che possa far aprire gli occhi sul futuro… e spero che nei prossimi due anni e mezzo riuscirò a rispettare quel che prevede il contratto di servizio, …”. Ha poi spiegato ai presenti (alcune centinaia di persone, per la quasi totalità studenti delle medie) cosa è il “contratto di servizio”: “un patto che firmiamo con tutti i cittadini”. E, teoria a parte, ci domandiamo quando Salini disvelerà lo stato di avanzamento del contratto – giustappunto – dato che la scadenza della proroga concessa fino a marzo è imminente, e nulla si sa (al di fuori delle segrete stanze del Presidente Marcello Foa e dell’Ad Fabrizio Salini appunto) cosa bolle veramente in pentola. Ricordiamo – ormai quasi a mo’ di litania – le questioni: piano industriale, piano editoriale, riorganizzazione delle news, canale internazionale, indice di coesione sociale, bilancio sociale… e finanche ufficio studi (vedi “Articolo21” del 22 gennaio 2019, “La situazione ‘statico stagnante’ di Rai e Ministero della Cultura”). ► Saranno questioni all’ordine del giorno del Consiglio di Amministrazione convocato per dopodomani giovedì 24 gennaio?! Nemmeno i membri del Cda lo sanno ancora.

Tornando a bomba: l’idea di Angelo Barbagallo (già produttore di Nanni Moretti) e di Giacomo Campiotti (già “aiuto” di Olmi e Monicelli) e di Monica Zappelli (sceneggiatrice, già autrice – tra l’altro – de “I cento passi”) subito accolta da Eleonora Andreatta (Direttrice della Fiction Rai), è una bella iniziativa: il film trae ispirazione da una intrigante “storia vera”.

Alessandro Preziosi interpreta di fatto il coraggioso giudice dei minori Roberto Di Bella, che lavora a Reggio Calabria e cerca di salvare i ragazzi dalla ‘ndrangheta, intervenuto oggi all’anteprima alla Camera. 55 anni, messinese d’origine, un’intera carriera (in magistratura dal 1991) dedicata alla giustizia dei minori, in prevalenza a Reggio Calabria, con una parentesi a Messina, dal 2011 Presidente del Tribunale per Minorenni di Reggio Calabria.

Questa la trama (il film dura 100 minuti): Marco Lo Bianco è appunto un giudice del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria che lotta per salvare i ragazzi alla ‘ndrangheta. Giorno dopo giorno, ha visto sedere, nella stessa aula di tribunale, i figli delle più importanti famiglie mafiose della provincia. E ha capito una cosa: “la ‘ndrangheta non si sceglie, si eredita”. Quando incontra Domenico, ultimo componente di una cosca di cui anni prima ha arrestato il fratello, decide che è arrivato il momento di dire basta. Inizia una strada difficile che costringerà tutti ad abbandonare le proprie certezze. Lo Bianco e i suoi assistenti si confronteranno con i codici e i sentimenti di quelle famiglie che hanno considerato sempre e solo come cosche criminali. I più giovani, Domenico e Teresa, impareranno che esiste una “famiglia allargata”, rappresentata dallo Stato e dalla Comunità civile, pronta ad aiutarti a realizzare un futuro diverso, in cui poter essere, finalmente, liberi di scegliere. Il sogno del giudice dei minori Lo Bianco è quello di strappare i ragazzi alla ndrangheta. Le famiglie si assicurano il potere sul territorio grazie alla continuità generazionale, costringendo i figli a fare il mestiere dei padri. Ed è così che quando si ritrova davanti anche Domenico, l’ultimo componente della potente famiglia Tripodi, con una scelta che non ha precedenti, Lo Bianco dispone l’allontanamento del ragazzo dalla Calabria e il decadimento della responsabilità genitoriale sia per il padre latitante, che per la madre…

In sostanza, l’intraprendente giudice Roberto Di Bella ha avviato una sorta di innovativo e coraggioso esperimento psico-sociale-giuridico, che ha provocato reazioni controverse: in casi di habitat “criminogeno”, si arriva a giustificare un intervento legale di temporaneo allontanamento dalla famiglia (come avviene nei casi di violenza e maltrattamenti e tossicodipendenza), dovendo bilanciare il diritto di crescere ed essere educati nella famiglia d’origine con il diritto a preservare l’integrità psicofisica del ragazzo  ?! … La risposta che si sono dati al Tribunale per Minorenni di Reggio Calabria, è che, in qualche ben determinata situazione, da valutare sempre caso per caso, questa condizione si possa concretamente verificare, e “lo Stato” possa (debba) sradicare il minore dalla famiglia. Il risultato è un orientamento giurisprudenziale che si va consolidando, tradotto, negli ultimi anni, in una settantina di provvedimenti di “allontanamento temporaneo” di ragazzi, in prevalenza tra i 15 e il 17 anni, o poco più giovani. Tecnicamente, la base su cui si agisce è ovviamente normativa: gli articoli 2, 30 e 31 della Costituzione, l’articolo 330 del Codice Civile, che recita “Il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti (educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, n.d.r.) o abusa dei relativi poteri) con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare”. Da segnalare che Reggio Calabria è attualmente l’unica sede di Tribunale per Minori che sta sperimentando questo delicato percorso, che ha provocato un dibattito tra gli addetti ai lavori per l’invasività e che peraltro pone problemi complessi anche in relazione al compimento della maggiore età, quando i ragazzi escono dalla competenza del Tribunale per minorenni, e quindi corrono il rischio di rientrare nella spirale criminale. L’esperimento promosso da Di Bella si è sviluppato anche attraverso un protocollo istituzionale, siglato nel luglio 2017 dagli allora Ministri della Giustizia e degli Interni, Andrea Orlando e Marco Minniti, denominato, appunto, “Liberi di scegliere”, la cui finalità è quella di ampliare la portata dei suoi effetti.

Il tv movie non ci ha convinto fino in fondo, perché in alcuni momenti la tensione si allenta assai: ha una fattura estetica da fiction “media”, e purtroppo siamo anni-luce dalla forza espressiva e narrativa (inquadrature efficaci, montaggio adrenalinico…) di un prodotto come “Gomorra” (che, al di là dei dubbi “etici”, è senza dubbio un’ottima fiction, all’altezza dei migliori prodotti “made in Usa”). Anche quella sofferenza profonda – la intima lacerazione rispetto al tessuto familiare ed al suo apparato ideologico – che gli autori vorrebbero rappresentare non emerge in modo sufficientemente drammatico. Il bel Preziosi ci sembra peraltro assolutamente sotto tono, anche se Campiotti, nelle note di regia, spiega che si tratta di una precisa scelta estetica, per rispettare il carattere “discreto” del giudice Di Bella, una sorta di “eroe-non eroe”. Il giovane che si riscatta, rinnegando la logica “la Famiglia versus lo Stato”, è interpretato dal simpatico ventiduenne Carmine Buschini, che ha acquisito notorietà nel ruolo di Leo per “Braccialetti rossi” (diretto da Campiotti stesso), ma che qui brilla per complessiva inespressività.

Abbiamo chiesto al produttore il budget del tv movie, e se il rapporto con Viale Mazzini è stato semplice: dopo una lieve esitazione, Angelo Barbagallo ci ha detto che la fiction ha avuto un budget di 2,3 milioni di euro, e che l’iniziativa ha avuto una via facile, anche perché si tratta oggettivamente di una idea bella e forte.

Abbiamo chiesto a Barbagallo se ritiene che un film come questo può essere considerato una sorta di “risposta” del servizio pubblico a prodotti commerciali e controversi come “Gomorra”, che, al di là della eccellente fattura estetica, possono stimolare fenomeni emulativi molto dannosi. Angelo Barbagallo ha avuto un attimo di incertezza, e poi ci ha detto: “a questa domanda… preferisco proprio non rispondere”. In effetti, forse inevitabile sarebbe stata la polemica con il suo collega Riccardo Tozzi, dominus della Cattleya, produttrice – con Sky Italia – giustappunto della ormai famosa serie (entrambe le società sono iscritte all’Apt, l’associazione dei produttori televisivi presieduta dall’ex dirigente apicale Rai Giancarlo Leone). E su questa vicenda, ci piace qui ricordare sia un nostro precedente intervento critico, oltre due anni or sono (vedi “Key4biz” del 9 maggio 2016, “Sky presenta ‘Gomorra 2’, eccellente fiction Made in Italy”), sia quel che ci ha raccontato qualche giorno fa un intellettuale, artista, educatore, qual è Antonio Turco, che può essere considerato il “fondatore” (o comunque l’avanguardista) delle esperienze di teatro in carcere in Italia (è sua la Compagnia Stabile Assai, ed anche in quell’ambito è scaturito anche il progetto cinematografico di Paolo e Vittorio TavianiCesare deve morire”): in occasione della presentazione della rassegna “Sarà presente l’Autore. Esperienze di laboratori culturali nelle carceri del Lazio” (promossa del Garante dei Diritti dei Detenuti del Lazio, Stefano Anastasìa), mercoledì della scorsa settimana (16 gennaio) negli spazi WeGil della Regione Lazio (di fronte al cinema Nuovo Sacher di Nanni Moretti), ci ha detto che iniziative come “Gomorra” sono operazioni culturali veramente “terribili: criminali, perché criminogene”, dato che stimolano processi emulativi nelle giovani generazioni, come ha avuto occasione di toccare con mano proprio nelle realtà carcerarie.

Su questa tesi – ovvero del carattere “criminogeno” di certa fiction (questione che va ben oltre la teoria della infinita “libertà dell’arte”) – riteniamo debba essere sviluppata una riflessione seria ed approfondita, in termini culturali (mediologici) e pedagogici, con l’ausilio tecnico dell’accademia e magari anche dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom).

E, soprattutto, riteniamo che la Rai debba sforzarsi di più: non basta un film televisivo ogni tanto, serve una complessiva linea editoriale forte, robusta, decisa, dotata di risorse adeguate, oltre che di profondo impegno civile.

Nel caso in specie, perché non ragionare su una fiction seriale?!

Le letture eterodosse e sofferte come quelle proposte da “Liberi di scegliere” debbono essere giustappunto… seriali, arriviamo a sostenere “martellanti”, perché martellante è appunto l’ideologia perversa e pervasiva di prodotti come “Gomorra”. Non si tratta di evocare la solita contrapposizione tra “il Bene” ed “il Male”, ma oggettivamente, rispetto ai fenomeni della criminalità, è necessario – per il servizio pubblico almeno – smantellare quell’immaginario collettivo che alla fin fine ammicca con l’habitat criminale. Serve serialità lunga di alta gamma, efficace in termini spettacolari, e portatrice di un messaggio positivo: ci si può affrancare dai vincoli dell’ambiente di nascita, e cercare la propria vera identità attraverso il coraggio della libertà.

Ci si augura quindi che Rai sappia fare di più e di meglio: una fiction seriale di fascia alta, che si ponga veramente come… “anti-Gomorra”, potrebbe essere una gran bella ambizione per il servizio pubblico radiotelevisivo, ed una vera sfida in termini creativi, narrativi e spettacolari…

Clicca qui, per la videoregistrazione (da Radio Radicale) dell’evento di presentazione in anteprima della fiction Rai “Liberi di scegliere”, Camera dei Deputati, 22 gennaio 2019

* Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult


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