Gigi Radice: l’ultimo “tremendo” granata

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Ci ha lasciato a ottantatre anni Gigi Radice, inventore e principale interprete di quel “tremendismo” granata sopravvissuto da allora a innumerevoli avventure, purtroppo non tutte positive. Perché la storia del Torino è così: meravigliosa e tragica, intensa e ricca di passione, splendida e devastante per chiunque abba a cuore il calcio e i suoi valori. Superga, certo, ma anche la scomparsa di Meroni, investito da un suo giovane tifoso, Attilio Romero, per ironia della sorte futuro presidente del Toro in una delle stagioni più drammatiche dell’epopea granata.
Una squadra aspra, difficile, meravigliosa, quella di Radice, cui anche uno juventino come me guarda con stima, rispetto e quella sublime ammirazione che si può riservare solo ai grandi, a coloro che vanno al di là delle bandiere, al di là dei campanilismi, al di là di quella fantastica rivalità che non può che far bene alla poesia dello sport.
E Radice era tutto questo: era il calcio totale, era l’Ajax in provincia, era la sfrontata rabbia di una compagine di folli che riuscì a battere l’armata del Trap, era Pulici e Graziani, era un esempio di libertà e di meraviglia in una Torino livida, devastata dal terrorismo, funestata dai rapimenti, dagli omicidi, dalla barbarie che sconvolse quel decennio indimenticabile e maledetto.
Gigi Radice, con il suo coraggio ai limiti dell’assurdo, riuscì nell’impresa di rendere meno amaro il ricordo di Superga, rinverdendo i fasti di uno squadrone irripetibile, imponendosi su una Juve superiore ma, nel ’76, eccessivamente presuntuosa, tirando fuori da ciascuno dei suoi ragazzi l’anima e il cuore, al punto che oggi tutti lo ricordano per la splendida persona che è stata ma, sopratutto, per i suoi insegnamenti, per il suo stile, per la sua rara capacità di ascoltare il prossimo e lasciarsi guidare dai suoi consigli, benché fosse erroneamente considerato un “sergente di ferro”. Era, al contrario, un uomo dolce, Radice, un galantuomo come ne nascono sempre meno. Aveva dentro di sé il fuoco dell’entusiasmo e della gioia di vivere, una bellezza autentica, una sincerità e una coerenza oggi pressoché introvabili.
Ci mancherà la sua arte, il suo amore per la libertà, il suo incredibile gusto per lo stare insieme. Ci mancherà perché forse, in cuor nostro, sappiamo che non ce ne sarà un altro.

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