Sandro Mazzinghi, il gentiluomo del ring 

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Non si è ancora spenta, nemmeno oggi che raggiunge il prestigioso traguardo degli ottant’anni, la lecita e ponderata rabbia di Sandro Mazzinghi.
Mazzinghi, l’arci-rivale di Benvenuti, il pugile “brutto”, meno aitante e spettacolare dell’istriano e dotato di meno richiamo patriottico, dunque spesso penalizzato e mai davvero considerato per i suoi meriti e per la sua grandezza. Eppure, è stato anche lui un campione, un simbolo dei welter negli anni Sessanta e per buona parte dei Settanta, un anti-divo e anti-eroe che ha pagato il proprio carattere schivo, la propria apparente fragilità e la propria ritrosia a mettersi in mostra in un mondo che già allora cominciava a dare un’importanza smodata alla forma a scapito della sostanza.
Il campione di Pontedera, che ora si gode la vecchiaia nella sua villa in Toscana, con una rabbia placata dallo scorrere del tempo e una serenità d’animo che non gli era mai appartenuta in precedenza, può finalmente apprezzare, in compagnia degli affetti più cari, una gioia di vivere di cui l’ardore giovanile lo aveva privato, scoprendo di essere molto più stimato e apprezzato di quanto non pensasse.
Certo, come detto, ha subito anche dei torti: è stato defraudato, preso in giro e trattato piuttosto male da un ambiente che non perdona e non ammette debolezze. Certo, ha avuto meno successo, meno fama e meno onorificenze di quanto avrebbe meritato. Certo, rispetto a Benvenuti è stato considerato una sorta di numero due. Fatto sta che, come tutte le rocce, è stato al massimo colpito dalle onde ma non abbattuto, non sconfitto, non intimorito, e oggi è ancora qui, con il coraggio e la passione di sempre, con l’orgoglio di essere rimasto nel cuore di molti, con l’entusiasmo vivo e brillante di un bambino che ancora sogna di volare in cima al mondo.
Ho avuto il privilegio di conoscerlo alla presentazione di un libro del carissimo amico e maestro Ugo Russo e ne ho apprezzato la vivacità, il senso del dovere, la brillantezza della memoria e la volontà di andare oltre se stesso, al di là del proprio nome e della propria splendida storia.
Auguroni di cuore, caro Sandro, gentiluomo del ring che ha preso a pugni gli avversari e accarezzato la vita, ritrovando la pace interiore quando i riflettori si sono spenti e l’eco degli applausi e delle polemiche è venuta meno. Non è da tutti.

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