Malta, la “meglio” piazza di tutti i boss

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di Stefano Vergine

Un’ora e quarantacinque minuti. È il tempo che serve per andare dalla Sicilia a Malta via nave. Basta prendere un traghetto a Pozzallo e puntare dritto verso il porto de La Valletta. Certo, con un aereo da Palermo o Catania si impiega meno tempo, ma lo spostamento per mare ha un vantaggio: scarsissime possibilità di essere controllati all’arrivo.
Che c’è di meglio per chi vuole riciclare denaro? Con la Svizzera che da qualche tempo ha detto addio al segreto bancario, Malta rappresenta oggi il meglio sulla piazza per i criminali nostrani. Paese vicinissimo, membro dell’Unione europea, dove si usa l’euro, molta gente parla italiano, le tasse sono bassissime e le norme antiriciclaggio ufficialmente vengono rispettate alla lettera. Ufficialmente, appunto, perché in realtà poche banche sull’isola controllano davvero l’origine del denaro. Lo dimostrano i fatti.
Come abbiamo ricostruito su L’Espresso più di un anno fa – http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/05/18/news/maltafiles-cosi-la-mafia-ha-nascosto-il-suo-tesoro-nell-isola-1.302157 – negli ultimi anni Malta è stata utilizzata da molti clan per investire soldi. Una tendenza che accomuna mafia siciliana, camorra e ‘ndrangheta. Analizzando il registro societario maltese abbiamo scoperto imprese intestate a fiduciari dei Casalesi, aziende direttamente collegate ai clan di San Luca, altre controllate da uomini vicini a Cosa nostra. Il settore prediletto per riciclare è quello delle scommesse online. Emblematico il caso di Mario Gennaro. Finito al centro di Gambling, l’inchiesta della procura di Reggio Calabria che ha portato al sequestro di due miliardi di euro, da due anni Gennaro si è pentito. E ha raccontato ai magistrati di essere stato spedito nell’ex colonia britannica dalle cosche più potenti di Reggio con l’obiettivo di investire denaro in siti di poker e scommesse.
Perché proprio a Malta? Innanzitutto perché sull’isola le tasse sono minime. L’aliquota sui profitti societari, formalmente al 35 per cento, può di fatto scendere fino al 5 per cento. Un sistema che garantisce alti rendimenti su un investimento piuttosto sicuro, come è quello sull’azzardo. La seconda ragione dipende dall’appoggio della classe dirigente locale: esperti di grido al servizio di chiunque porti capitali freschi. I casi sono diversi, ma vale la pena di ricordare quello di David Gonzi, avvocato e figlio dell’ex premier locale Lawrence. Gonzi junior era il titolare delle quote di una fiduciaria posta al vertice della catena societaria del gruppo Betuniq, quello dietro al quale si nascondevano le cosche rappresentata da Gennaro. Insomma, il figlio dell’ex primo ministro schermava i traffici della ‘ndrangheta. Lui si è difeso assicurando di essersi «limitato a detenere quote per terze persone».
Una versione teoricamente credibile, visto che l’attività delle fiduciarie è proprio quella. Ma davvero Gonzi non sapeva chi fossero i suoi clienti finali? E veramente le autorità maltesi in questi anni non si sono accorte delle infiltrazioni mafiose? Di certo è anche grazie a questi capitali che l’isola si è trasformata nella nazione europea con uno dei più alti tassi di crescita economica. Temi su cui indagava da tempo anche la giornalista Daphne Caruana Galizia, uccisa il 17 ottobre di un anno fa da un’autobomba piazzata davanti a casa. Tre cittadini maltesi sono stati arrestati con l’accusa di aver eseguito l’omicidio. Finora l’inchiesta delle autorità locali non è però riuscita a identificare i mandanti.


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