Il dovere di informare ed il diritto di essere informati vale anche per la questione palestinese

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Alcune frasi del discorso tenuto da Abu Mazen al Consiglio Nazionale Palestinese hanno suscitato un coro di critiche tutte  o quasi, culminate nell’accusa di antisemitismo. Intendiamoci: non ho alcuna intenzione di difendere l’indifendibile:  Le frasi incriminate sono sbagliate, inaccettabili e da respingere, sicché qualsiasi accusa che si muova a chi le ha pronunciate è più che giustificata. Tutte, tranne una: quella di antisemitismo. Dalla traduzione letterale delle frasi in questione,  che riporto affinché ognuno possa farsene una opinione, è evidente    che Abu Mazen,   adoperando le  citazioni di alcuni scrittori,  che giustamente gli vanno  contestate, avrebbe voluto raggiungere un obiettivo esattamente opposto a quello   ottenuto: respingere l’accusa di antisemitismo cui i Palestinesi sono sistematicamente fatti oggetto.

Ecco il brano di cui si tratta: <Gli ebrei che si sono trasferiti verso l’Europa orientale e occidentale,ogni 10-15 anni hanno affrontato un massacro da un qualche Stato, dal secolo undicesimo fino all’olocausto. Che è avvenuto; ma  perché ci si è giunti? Loro dicono “perché siamo ebrei”. Voglio presentare tre ebrei con tre libri, che sono: Joseph Stalin, Abraham e Isaac Nutschard [ndr. Abraham Leon e Isaac Deutscher] che dicono che l’odio per gli ebrei non era a causa della loro religione, ma piuttosto per il loro comportamento  sociale. Dunque la questione ebraica che era diffusa in Europa contro gli ebrei non era a causa della loro religione ma a causa degli interessi [usura] e delle banche. E  la dimostrazione di ciò è che gli ebrei c’erano nel mondo arabo ma non c’è  mai stata alcuna questione contro gli ebrei nei paesi arabi da 1400 anni solo per il fatto che fossero ebrei in alcun paese arabo>.

E’ più che evidente che assumendo ed usando assai maldestramente  un  madornale errore di prospettiva storica circa la  causa delle persecuzioni, Abu Mazen  avrebbe voluto mettere in luce  tre cose:  che le persecuzioni sono avvenute solo in paesi non arabi; che in quelli arabi c’è stata una convivenza pacifica protrattasi per secoli tra le popolazioni locali, tra cui quella palestinese,  e  gli ebrei;   che tra le ragioni che oppongono oggi  i Palestinese  agli Israeliani  non ve ne è alcuna che abbia a che fare  con motivi religiosi, ma  hanno tutte  solo  motivi politici.

Se il risultato ottenuto  è l’opposto di quello voluto è innegabile che  da parte di Abu Mazen c’è stato una colossale pecca nella  comunicazione e che  il malaccorto  utilizzo di  un   errore   storico gli si è ritorto  contro. Uno  sbaglio del genere è tanto più grave se compiuto da     da chi si pone  come guida di un popolo che lotta contro un’invasione durata  cinquant’anni  che  si è tramutata in un’ occupazione dai tratti da   colonialismo di insediamento. Ma Abu Mazen non  lo si può accusare di antisionismo.

Ed invece è l’unica accusa che gli si muove sia da Israele che dai media  nostrani, come al solito appiattiti sulle versioni di comodo ed artefatte propalate da Israele, che   con la formidabile  macchina propagandista di cui dispone  riesce in  ogni occasione, , insieme ai suoi sostenitori,    a stravolgere i fatti e ad  invertire   il ruolo degli oppressi in quello di oppressori per presentarsi      come vittima designata dell’antisemitismo,.

A questo gioco perfido tutti coloro che hanno   il “dovere di informare” dovrebbero  sapersi sottrarre per non violare  il diritto dell’opinione pubblica “di essere informata”.


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