Giornalismo sotto attacco in Italia

Aemilia, l’accusa chiede 1712 anni. La cosca emiliana ammutolisce

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Sofia Nardacchione 

Testimoni spaventati, testimoni recenti, testimoni senza memoria. E una consorteria mafiosa moderna che ha al centro del sistema criminale imprenditori collusi per convenienza, che legittimano l’associazione. Una consorteria che – come ha affermato Enza Rando, avvocato di Libera – “costruisce una fame criminale, costruisce paura, costruisce sottrazione di diritti”.

Siamo al processo Aemilia, il maxiprocesso alla ‘ndrangheta emiliana, nella fase finale del 1° grado di quel rito ordinario che si è spezzato in un ulteriore rito abbreviato.

Martedì 22 maggio sono arrivate le richieste di pena dell’accusa, lette dal Pubblico Ministero Marco Ministero in un’aula piena di imputati e parenti, in silenzio. La tensione si tocca.
1712 gli anni complessivi chiesti dai Pubblici Ministeri. Pene esemplari – anticipate dalla dura requisitoria dell’accusa nelle tre udienze precedenti -, pene significative, a voler dimostrare che la giustizia c’è, arriva.

30 anni nel rito ordinario e 18 in abbreviato per Michele Bolognino, l’unico dei principali imputati ritenuti essere a capo del clan emiliano a non aver chiesto fin da subito di essere giudicato secondo il rito abbreviato.

18 anni in ordinario e 18 in abbreviato per Gianluigi Sarcone, protagonista della strategia criminale che avrebbe permesso al clan di continuare ad operare anche dall’interno del carcere.

26 anni e 6 mesi in ordinario e 16 anni in abbreviato per Gaetano Blasco, il sodale costantemente coinvolto in illecite attività economiche, in particolare usura ed estorsioni, insieme ad Antonio Valerio, che ora è il principale collaboratore di giustizia del processo per il quale l’accusa ha chiesto 15 anni e 10 mesi con rito ordinario, più 10 anni per associazione di stampo mafioso con rito abbreviato. Per l’altro collaboratore di giustizia Salvatore Muto la richiesta è di 8 anni in abbreviato.

14 in ordinario e 4 anni e 6 mesi in abbreviato per Pasquale Brescia, al centro anche del processo Aemilia Bis, all’interno del quale è stato assolto in primo grado insieme al suo avvocato Luigi Comberiati per la lettera minatoria al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi.

Diverse le condanne anche a quegli esponenti del mondo imprenditoriale – o che tali si definivano – che si sono messi a disposizione della cosca: tra questi spiccano Giuseppe Iaquinta, la cui pena richiesta è di 19 anni, e l’ex calciatore Vincenzo Iaquinta, 6 anni senza accusa, a differenza del padre, di associazione mafiosa.
Per l’imprenditore reggiano Mirco Salsi – accusato di estorsione e di rapporti con Antonio Silipo tramite Marco Gibertini – la richiesta è di 12 anni di reclusione.

Giovedì sono invece arrivate le richieste delle 38 parti civili costituitesi all’interno del processo. Tra queste, gli enti pubblici Continua su liberainformazione


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