La Turchia verso il Kurdistan dell’Iraq: “Siamo pronti ad attaccare Shingal”

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Non si ferma il macabro scenario bellico in Kurdistan. Città rase al suolo, civili massacrati, alcuni video in rete mostrano le torture che uomini dell’esercito turco infliggono alla popolazione curda, a gente innocente. Innocente, ma colpevole per il Presidente Turco Recep Tayyp Erdogan: colpevoli di appartenere ad una terra da sempre contesa dalle potenze internazionali che la circondano. Colpevoli di rivendicare il loro diritto a godere della loro terra. Le immagini mostrano lacrime, disperazione, polvere, case trivellate. Una prigione a cielo aperto, un massacro ad occhi chiusi. Nei mesi scorsi la Turchia ha attaccato Afrin, ora punta ad andare lì dove lo scorso anno c’era stato il vincente Referendum per l’Indipendenza: nel Kurdistan Iracheno. Shorsh Surme (nella foto), giornalista curdo, racconta quali sono le prossime mosse dell’esercito turco e quali gli scenari in continua e drammatica evoluzione.

Dopo l’attacco sanguinario ad Afrin, quali sono i piani del presidente turco Erdogan?

“L’esercito Turco e i loro alleati miliziani siriani di origine turcomanne, sono entrati ad Afrin il 20 gennaio scorso dopo una dura resistenza dei combattenti curdi dell’Ypg. I curdi sono stati traditi sia dai Russi di Putin che dagli Americani, che hanno usato i curdi per sconfiggere l’Isis. L’obiettivo di Erdogan è stato ed è   quello di annientare i curdi del Kurdistan Siriano (Rojava). Infatti, l’operazione cosidetta “Ramoscello d’ulivo”, promossa dal padre padrone della Turchia Recep Tayyp Erdogan, conta di spingere i curdi ad est dell’Eufrate allontanandoli del loro territorio. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, ha confermato che i combattimenti tra i combattenti curdi e i militari turchi continuano tuttora nella città di Afrin, questo significa che la popolazione curda non si rende a uno stato occupante.”

Un popolo libero, dunque. Fino alla fine. Oltre i massacri e le violazioni dei diritti umani subite, per i quali ancora nessuno sta pagando e tante, invece, sono le coalizioni internazionali della Turchia che fungono da complici. Basti pensare che nemmeno i massacri di Cizre, le famiglie bruciate vive nelle case, i cecchini appostati in ogni angolo di strada pronti a sparare ad ogni innocente, i coprifuoco o il conflitto che rase al suolo la città di Kobane sono bastati a far desistere un popolo che rivendica il diritto alla vita nella loro terra.

“Quello che ha fatto Erdogan – continua Surme – è stata una palese violazione del diritto internazionale, lo stesso Diritto per il quale nel 1990 si misero insieme più di 33 paesi dell’Oriente e dell’occidente nella lotta contro Saddam Hussein per l’occupazione del Kuwai, invece contro l’ccupazione Turca tace tutto.

Ora, dopo l’occupazione di Afrin, il presidente sultano turco Recep Tayyp Erdogan alcuni giorni fa ha annunciato che il prossimo attacco militare sarà rivolto alla città curda di Shingal (Sinjar) nel Kurdistan dell’Iraq (Sud Kurdistan), contro la presenza del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).Ricordiamo che questa città fu occupata nell’agosto 2014 dall’Isis compiendo un massacro vero e proprio nei confronti della popolazione civile, uccidendo più di 5mila uomini yazidi e portando le donne yazide alla schiavitù. Erdogan deve essere fermato altrimenti ci troveremo di fronte a un conflitto su vasta scala.”

La Russia, difatti, ha già da mesi ritirato le truppe che sembravano fiancheggiare lo YPG e YPJ. Stessa mossa in concomitanza dell’America, che ha spostato l’artiglieria pesante in favore della Turchia. Basti pensare al recente uso di obici semoventi da 203 mm di produzione americana M110A2. ACS da 28 tonnellate in grado di lanciare proietti di artiglieria che pesano più di 92 kg ad una distanza di quasi 23 km. Pedine internazionali in movimento verso un macabro e sanguinario scacco matto.


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