“In Turchia e nel mondo non è il periodo migliore per l’informazione, ma cambiare le cose è possibile”. Intervista a Esma Çakır, presidente della Stampa Estera in Italia

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E’ la quarta donna in 106 anni di storia dell’Associazione della Stampa Estera in Italia a essere stata eletta presidente.
Esma Çakır, 38 anni, corrispondente da Roma della Agenzia turca Doğan, guiderà fino al febbraio 2019 lo storico organismo di via dell’Umiltà, che conta oltre 450 iscritti provenienti da 55 paesi.
Il nuovo consiglio direttivo è composto da 12 membri in rappresentanza di 10 paesi, i due vicepresidenti, Maarten van Aalderen (Olanda, De Telegraaf) e Peter Loewe (Svezia,Dagens Nyheter), la segretaria e tesoriera Eliana Loza (Venezuela, El Universal) e i consiglieri Francesca Biliotti (Italia, San Marino RTV), Richard Heuzé (Francia, Le Figaro), Gutav Hofer (Italia, Arte, Francia), Patricia Mayorga (Cile, El Mercurio), Maria del Carmen del Vando Blanco (Spagna,Revistart),Megan Williams (Canada CBC), Olivier Tosseri (Francia, Les Echos).
Giornalista per il quotidiano Hürriyet dal 2001 al 2008, dal 2009 in Italia per Dogan, la Çakır ha sempre mantenuto alto il baluardo dell’indipendenza e difeso la libertà di informazione che nel suo Paese, la Turchia, appare sempre più a rischio a causa dello Stato di emergenza più volte prolungato dal fallito golpe del 15 luglio del 2016.

Prima donna eletta dopo 20 anni alla guida della stampa estera, che effetto fa?

“Mi fa comunque ancora adesso un po’ sorridere essere chiamata Presidente, forse perché da sempre sostengo che è la forza di una squadra a fare la differenza con il lavoro e con le idee. Ringrazio sicuramente tutte le colleghe e i colleghi che hanno voluto affidare a Me questo compito di grande responsabilità. Mi piace evidenziare il fatto che dopo 20 anni torni alla guida della nostra associazione una donna, perché sicuramente può essere un segno di un cambiamento e di consapevolezza di come spesso le donne con la loro determinazione e passione possono dimostrare il loro valore”.

Una grande responsabilità nell’epoca delle fake news?

“La nostra professione credo ci imponga sempre l’obiettività e la veridicità delle nostre notizie e fonti, e questo è vero soprattutto in questi ultimi anni dove con l’avvento di internet e dei social network le informazioni corrono ad una velocità impensabile fino a qualche tempo fa, e dove la sfrenata ricerca dello scoop o dell’esclusiva rischiano a scapito anche della qualità di confondere e di male informare. Quello delle fake news è un problema molto delicato, perché spesso mette a repentaglio la credibilità e la professionalità di tante persone e soprattutto di molti colleghi giornalisti che cercano ogni giorno con il lavoro e con l’impegno di raccontare l’attualità e di come è cambiato e sta cambiando il mondo. Noi come Associazione della Stampa Estera cercheremo sempre di porre l’attenzione su queste problematiche e assicurare una buona informazione come del resto credo facciamo fin dalla nostra fondazione dal lontano 1912”.

Quali prospettive e programmi di questo mandato?

“Innanzitutto cercheremo di proseguire il percorso che ha portato la Stampa Estera in Italia ad essere un esempio di buon giornalismo, imparziale, attento e di qualità. Abbiamo già in mente tante nuove idee e proposte di eventi e dibattiti, incontri con personaggi del mondo della politica, soprattutto in questo momento di cambiamento a seguito delle elezioni politiche, dell’economia e dell’attualità, cercando di raccontare storie che fanno dell’Italia un grande paese, fatto di eccellenze e di tanta creatività che Vi contraddistingue da sempre”.

Qual è l’immagine dell’Italia prodotta e percepita all’estero?

“Noi soci della Stampa Estera ci consideriamo un pò uno specchio che riflette l’immagine del vostro paese cercando di raccontarlo nei nostri articoli e servizi nel modo più veritiero possibile. L’Italia ci regala sempre grandi possibilità e spunti per cui scrivere, non solo sulle tematiche di cui fanno la vostra Penisola un punto di riferimento all’estero come l’enogastronomia, gli innumerevoli siti archeologici e culturali, lo stile, la moda e ovviamente il cinema, ma anche spesso sulle molte contraddizioni e paradossi che queste vostre bellezze ed eccellenze nascondono. Infatti spesso la percezione all’estero, al netto dei luoghi comuni che purtroppo sempre ci sono,  è quella di non saper organizzare, gestire e sfruttare l’immenso patrimonio che avete e che anche con merito negli anni costruito. Spesso noi corrispondenti che viviamo in altri paesi e li raccontiamo come giornalisti, veniamo accusati di parlarne male ma la realtà è solamente che come professionisti dell’informazione dobbiamo, con la nostra obiettività, saper scrivere delle cose che funzionano ma anche di quelle che risultano forse più scomode”.

Resta la percezione di un paese anomalo e “oppresso” dalla politica?

“Devo dire che la politica in effetti in Italia è sempre molto presente, un pò in tutti gli aspetti che la animano, e questo forse qualche volta crea alcuni ostacoli soprattutto nella struttura amministrativa che avrebbe bisogno di essere piu snella e che sembra invece rallentare i cambiamenti necessari per le riforme e l’ammodernamento di un Paese”.

Negli ultimi giorni si sono verificati vari episodi che hanno spinto la Federazione italiana della stampa a parlare di ‘nuovi bavagli’. C’è il rischio di qualche limitazione con i possibili nuovi  assetti di governo?

“Ad essere sinceri non so se possiamo parlare di “nuovi bavagli” in Italia, sicuramente i problemi che la nostra professione di giornalista quotidianamente ci accompagnano sono sempre molti e si presentano in maniera diversa. A volte non ci sentiamo liberi di scrivere come vorremmo e quello che vorremmo, altre volte veniamo forse inconsciamente condizionati  dalle forti pressioni che avvertiamo, altre volte ancora rischiamo di subire violenze, sia psicologiche che addirittura fisiche nel cercare la notizia o approfondire un’inchiesta, abbiamo sotto gli occhi ad esempio ancora quello che è  succeso al nostro collega italiano ad Ostia. Quindi in attesa che si formi al più presto un nuovo Governo, o che ci sia bisogno di nuove consultazioni elettorali, la mia speranza è  comunque quella che i nuovi rappresentanti del Parlamento tengano sempre alta l’attenzione su questi problemi e difendano il ruolo dei giornalisti perché sono il simbolo della civiltà e democrazia di un Paese e  questo forse troppo spesso viene dimenticato”.

In Turchia la limitazione della libertà di stampa ha subito una battuta d’arresto dopo il fallito colpo di Stato del 2016, l’osservatorio P24 ha censito 150 giornalisti in carcere. Qual è la situazione al momento?

“Come giornalista che scrive per la Turchia, posso dire che per noi forse non è uno dei periodi storici migliori per l’informazione, io credo che bisognerebbe sempre cercare di difendere il diritto alla nostra libertà di espressione sotto ogni punto di vista, nel lavoro, nella vita sociale e personale nonché in quella privata, e questo è valido in ogni angolo del Mondo. Mi addolora infatti leggere o vedere di colleghi detenuti o che rischiano la vita perché minacciati o di altri costretti ad essere scortati per le loro scomode inchieste. Sono ottimista però, e sono sicura che la passione e le energie positive che mettiamo in quello che facciamo possono veramente cambiare le cose”.

 


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