#scortamediatica il vero antidoto contro le minacce ai giornalisti. L’impegno di Articolo21 per il 2018

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L’immagine di Daniele Piervincenzi sanguinante alla periferia di Ostia rimarrà per sempre il simbolo del mestiere di giornalista divenuto difficile, a tratti impervio, troppo spesso pericoloso. E lo è diventato in Italia,  una democrazia europea. Ma se lo spartiacque tra dittatura e democrazia è la libertà di stampa, allora in questo pezzo di Europa stiamo scivolando verso la prima, proprio mentre credevamo di averla archiviata per sempre. Articolo 21 nel 2017 ha messo in campo concretamente quell’idea di scorta mediatica che è sembrata fin dal primo momento il vero antidoto contro le minacce ai giornalisti e lo ha fatto stando fisicamente accanto ai colleghi in difficoltà e sostenendo altresì la necessità di rilanciare le loro inchieste. Il “cordone di protezione” attorno ai giornalisti aggrediti, minacciati con azioni, parole e (sempre più di frequente) con insulti sui social,  oltre che con azioni legali temerarie è la vitamina più utile per i chi è vittima di intimidazione e al tempo stesso il farmaco più efficace contro chi pensa che con le minacce può far  calare l’attenzione sulle notizie scomode.

Questo, al fondo, è il nocciolo della questione: chi picchia, minaccia, denuncia, danneggia auto, moto, case, attrezzature video lo fa per evitare di stare sotto i riflettori. La scorta mediatica riaccende la luce, più forte e potente. Ecco perché su questa strada bisognerà continuare anche nel 2018, raccontando più volte, con maggiori particolari, su più media le storie che hanno cominciato a scrivere, a filmare, a fotografare i colleghi minacciati, i quali altrimenti pagherebbero due volte, per il loro lavoro rigoroso e per il silenzio di chi non lo riprende.  A latere però è necessario continuare a chiedere tutele maggiori per chi racconta il Paese, soprattutto quello oscuro e inquietante, illegale e supponente. E’ ormai ineludibile una modifica legislativa contro le azioni legali temerarie, saltata anche in questa legislatura; ma la prossima inizierà a metà 2018 e subito bisognerà riproporre il tema al Parlamento. E altresì dovrà diventare prassi stare accanto ai giornalisti nei processi a coloro che li hanno minacciati, questa sì una “scorta” anche fisica.

L’impegno di Articolo 21 è quello di portare avanti i risultati non risolutivi ma importanti sin qui raggiunti, come il centro di coordinamento contro i giornalisti minacciati annunciato dal Ministro dell’Interno proprio in occasione della sua visita presso la Fnsi seguita all’aggressione di Piervincenzi. Non un “centro “ di rappresentanza, né uno spot o un compromesso, ma un luogo da dove far partire iniziative concrete contro le  minacce all’informazione. E di idee concrete ce ne sono: fondo antiquerele condiviso, osservatorio permanente sulle minacce ai giornalisti e agli operatori dell’informazione (quindi inclusi fotografi e cameramen),  intervento delle aziende editoriali accanto ai colleghi vittime di minacce e danneggiamenti  e copertura delle spese mediche e della strumentistica danneggiata. Potrebbero sembrare, questi ultimi, argomenti strettamente sindacali ma se crediamo che il diritto all’informazione sia un bene pubblico (anche in Italia) allora non possiamo considerare coloro che garantiscono a tutti questo diritto degli eroi o dei pazzi irresponsabili. Dobbiamo invece considerarli  degli onesti lavoratori cui deve essere garantito il diritto di svolgere il loro lavoro. Un lavoro che contribuisce alla democrazia di questo Paese.

Negli ultimi anni la demonizzazione della figura del giornalista (fatta in Italia anche da autorevolissimi esponenti politici) ha certamente contribuito all’aumentato numero di attacchi alla stampa. Se a ciò si aggiunge un’evidente recrudescenza di forme di intolleranza ideologica, come quelle poste in essere da Forza Nuova contri i giornalisti del gruppo L’Espresso,  è facile comprendere quanto ci sia da fare, soprattutto sul piano culturale ancor prima che su quello legislativo, per acclarare la libertà di stampa in Italia. In questo senso Articolo 21 nel 2018 si impegnerà, come proposto nell’ultima assemblea dell’associazione, a sottolineare l’importanza dei diritto dei cittadini ad essere informati che si concretizza solo se i giornalisti sono liberi di informare, dunque di esercitare la professione. La tutela di un giornalista equivale alla tutela di un diritto fondamentale di tutti. Ed è un concetto che ha bisogno di essere rilanciato per non vedere mai più immagini come quelle di Ostia e per tendere ad un Paese che non ha paura dell’informazione a tutto tondo, soprattutto un Paese dove non sono gli arroganti a decidere cosa deve essere raccontato e cosa deve rimanere nascosto.


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