Alitalia in alto mare. Il governo assicura solo un prestito per far volare gli aerei per sei mesi

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 Nominati tre commissari. Fassina: ipocrisia e incapacità dei soci. Ora serve un piano di salvataggio credibile

Il governo naviga in alto mare, nessuna idea, nessuna proposta per salvare Alitalia. Solo il no alla nazionalizzazione, una vera e propria ossessione. Lo ha ribadito il presidente del Consiglio insieme ai ministri Calenda e Delrio. Sanno solo dire che  verrà garantito, con un prestito, il programma dei voli per sei mesi poi chi vivrà vedrà. Il Consiglio di amministrazione ha gettato la spugna, l’annuncio dato con un comunicato in cui l’ipocrisia non ha limiti. Il Consiglio dei ministri ha preso atto e il ministero per lo sviluppo economico ha nominato i tre commissari che dovranno gestire l’amministrazione straordinaria di Alitalia. Come più volte annunciato si tratta di Luigi Gubitosi, presidente di Alitalia, si occuperà della gestione dell’azienda, Enrico Laghi dei rapporti con il governo e della parte legale. Stefano Paleari, un nome che aveva fatto solo capolino, indicato dal ministero dei Trasporti, docente universitario, esperto di trasporto aereo, presidente di Human Technopole.

A questa decisione si è arrivati dopo l’assemblea dei soci con la decisione del consiglio di amministrazione ai Alitalia di avviare la richiesta di amministrazione straordinaria. La compagnia ha fatto sapere che “i voli e le operazioni di Alitalia non subiranno alcuna modifica e continueranno secondo la programmazione prevista”.

Il  Cda di Alitalia si sfila: “Abbiamo fatto tutto quanto in nostro potere”

Nella nota del cda di Alitalia si legge che “è stato preso atto della grave situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, del venir meno dei soci e dell’impraticabilità, in tempi brevi, di soluzioni alternative, e che ha deciso all’unanimità di presentare l’istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria come disposto dalla legge”. Fanno seguito affermazioni con le quali i “soci”, responsabili di una gestione fallimentare, mettono le mani avanti nel tentativo si fuggire alle pesanti responsabilità che portano: “Abbiamo fatto tutto quanto in nostro potere per supportare Alitalia in qualità di azionista di minoranza – dice  l’amministratore delegato di Etihad James Hogan – ma è chiaro che la compagnia ha bisogno di una ristrutturazione profonda e su vasta scala per sopravvivere e crescere in futuro”. Ribadendo il disimpegno del vettore emiratino dalla compagnia: “Senza il supporto di tutti gli stakeholder a questo processo di ristrutturazione non potremo continuare ad investire, continueremo a lavorare con Alitalia come partner commerciale”. I commissari avranno 180 giorni di tempo per presentare un piano di risanamento della compagnia. C’è però bisogno di liquidità fresca che dovrà essere garantita dal governo.

Gentiloni esclude qualsiasi impegno del governo oltre il prestito

Un “prestito ponte” che da 300 milioni con il passar dei giorni è salito fino a 600 milioni. Come annunciato dal ministro Calenda. Da Bruxelles sarebbe arrivato il via libera purché vengano rispettate le “condizioni di mercato”. Gentiloni, a questo proposito, afferma che per Alitalia “deve essere molto chiaro che gli obiettivi che ci ispirano in questa decisione di assicurare un ponte attraverso un prestito oneroso sono quelli di rispondere ad esigenze” di connettività, di chi ha acquistato biglietti e di mantenimento di patrimonio ed asset. “Ma non si può immaginare la possibilità di rinazionalizzazione di Alitalia, lo abbiamo escluso e lo escludiamo oggi”. Il ministro Delrio, dopo il consiglio dei ministri che ha aperto le procedure del caso, ha affermato che “vista la richiesta, era obbligatorio per noi disporre l’amministrazione straordinaria. Questo per noi significa garantire i voli”. “ Il governo – ha proseguito – è al lavoro perché Alitalia trovi soci capaci di investire e sanare debolezze storiche che non dipendono dalla presenza delle low cost ma strategie sbagliate sul mercato che è continuato a crescere. Siamo convinti che il mercato potrà trovare investitori interessati e lo Stato farà la sua parte”. Su cosa basi queste “convinzioni” non è dato sapere.

La ricostruzione di Calenda: il governo ha fatto il possibile, i lavoratori no

Carlo Calenda parla di “un prestito ponte a condizioni di mercato” e afferma che “non è un buon prezzo” ma che i commissari hanno pieno mandato per rivolgersi a banche. Poi, a suo modo, ricostruisce  la “storia” di questa vicenda: “A gennaio, alla presentazione del piano industriale, avevamo chiesto che le responsabilità manageriali non andavano scaricate sui lavoratori. Abbiamo iniziato, in tempi molto ridotti, un lavoro per far incontrare azienda e sindacati e abbiamo raggiunto un punto che sembrava un punto di equilibrio – ha spiegato Calenda -. Nel pre-accordo c’era la disponibilità dell’azienda di rivedere l’accordo dopo due anni di risultati positivi”. Davvero incredibili questa affermazioni. Visto come è stata amministrata l’azienda non si capisce come, con quel piano di cui parla Calenda, si poteva presumere di raggiungere risultati positivi. Tutto,insomma, veniva scaricato sui lavoratori. Non solo: con quel piano industriale si andava dritto al fallimento oppure, nel migliore dei casi, si fa per dire, allo spezzatino.

Fassina: il governo ritiri la nomina di Laghi a commissario

Stefano Fassina subito dopo l’annuncio delle decisioni prese dal Consiglio dei ministri ha chiesto il ritiro della nomina di Enrico Laghi. Dice l’esponente di Sinistra italiana: “La scelta di chi ha avuto primarie responsabilità ai vertici di Alitalia per commissariarla è inaccettabile. Prima che il nome dei commissari, continuiamo a chiedere una radicale correzione di rotta per salvare Alitalia. Un piano di salvataggio credibile, da sostenere attraverso l’ingresso dello Stato nel capitale dell’azienda. Tuttavia, la nomina di Enrico Laghi va ritirata”. Per quanto riguarda il comunicato dell’assemblea dei soci Alitalia parla di “ipocrisia e incapacità di assumersi le responsabilità dei pessimi risultati raggiunti. I soci esprimono rammarico per il risultato del referendum sul cosiddetto pre-accordo e scaricano su lavoratrici e lavoratori la responsabilità della richiesta di amministrazione controllata. Vi sarebbe stato un fantastico piano di rilancio, un sacco di soldi per strabilianti investimenti ma i soliti iper-corporativi e sfaticati lavoratori italiani hanno fatto precipitare le sorti magnifiche e progressive della compagnia aerea. Non una parola sugli errori commessi. Non una parola sul comportamento predatorio di Etihad avallato dagli azionisti italiani e dal governo”. Fassina parla poi di “un ennesimo insulto alla dignità di lavoratrici e lavoratori. Ora il governo cambi rotta. Entri nel capitale. La politica – afferma – si dimostri meno subalterna agli interessi economici più forti. Non lasci svendere Alitalia. Sarebbe una perdita gravissima per migliaia di lavoratrici e lavoratori e un danno strutturale alle nostre attività commerciali e turistiche”.

Montino: i dipendenti di Alitalia non sono i responsabili della crisi

Esterino Montino, sindaco di Fiumicino, respinge il tentativo di far passare i dipendenti di Alitalia “come gli unici responsabili della crisi, come il comodo capro espiatorio sui quali far ricadere l’incompetenza manageriale che ha portato l’azienda sull’orlo del fallimento. Leggendo il comunicato stampa dell’Assemblea degli Azionisti di Alitalia sarebbero proprio i dipendenti (leggo testualmente) ‘ad aver di fatto precluso con l’esito del referendum l’attuazione del rilancio e della ristrutturazione della società’. Questa situazione che deresponsabilizza i veri artefici della crisi è inaccettabile”. Montino parla poi di “anni di macroscopici errori imprenditoriali e manageriali che hanno portato il CdA a chiedere l’accesso all’amministrazione straordinaria e non possono ricadere sulle spalle dei lavoratori”.

Il silenzio di Renzi che aveva annunciato un piano del Pd

Infine da segnalare il silenzio di Renzi Matteo che in campagna per le primarie aveva annunciato la presentazione al governo entro il 15 maggio di una proposta per salvare la compagnia. Lo ha ribadito il ministro Martina prossimo vicesegretario unico del Pd. Ma ora c’è il silenzio più assoluto. Si era parlato di una ipotesi come quella usata per salvare l’Ilva dove ci sono due cordate in gara nell’asta che si è aperta, Marcegaglia-ArcelorMittal e quella di Arvedi-Jindal, con partecipazione della Cassa depositi e prestiti. L’intervento della Cdp è stato richiesto più volte dalla Cgil. Susanna Camusso ne ha parlato a più riprese. Ora, passate le primarie, Renzi sembra aver perso l’uso della favella.

Da jobsnews


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