Lager omofobi in Cecenia, i nuovi “triangoli rosa”

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Il presidente ceceno (Ramzan Achmadovič Kadyrov in russo: Рамзан Ахмадович Кадыров; è anche l’attuale presidente della squadra cecena del Terek Grozny, allenata in passato da Ruud Gullit)  ha appena detto di voler “sterminare” gli omosessuali durante il Ramadam. Leggiamo le notizie estremamente preoccupanti dalla Cecenia proprio mentre in tutta Italia si celebra il 72° della liberazione del paese dal dittatura e dal dominio nazifascista. A Bologna una si ricorderà il 25 aprile a mezzogiorno ai giardini di Villa Cassarini presso porta Saragozza la tragedia delle vittime Lgbt del nazifascismo presso il monumento, finora unico in Italia e raffigurante un grande triagolo rosa il marchio d’infamia che i nazisti mettevano sui poveri stracci degli internati Lgbt,  inaugurato nel 1990 dal sottoscritto e dall’allora compianto sindaco Renzo Imbeni).

Le persecuzioni in Cecenia ai danni di un centinaio o forse più di omosessuali che sarebbero stati confinati in veri e propri campi di concentramento (in alcuni casi si parla di vere e proprie esecuzioni, sparizioni e torture) non possono non riportarci alla mente gli orribili lager nazisti e i citati “triangoli rosa”. L’odio degli islamisti fanatici verso gli omosessuali (da loro definiti “devianti, contro natura, blasfemi, offensivi verso Allah, ecc), è noto da tempo e ormai ben conosciuto dall’opinione pubblica internazionale. E’ un caso che a Parigi sia stato ucciso a colpi di kalashnikov in un agguato terroristico sugli Champs Elysées rivendicato dall’Isis, proprio un poliziotto, Xavier Jugelé 37 anni, dirigente della FLAG!, organizzazione Lgbt della polizia e della gendarmeria? Oltretutto unito civilmente con il suo compagno!

Mentre scrivo mi vengono in mente le immagini terribili di omosessuali gettati dal 7° piano di un edificio nelle zone dominate dall’ISIS in Iraq, e lapidati in agonia a terra.

Le autorità cecene hanno più volte affermato la non esistenza stessa delle persone LGBT sul proprio territorio, una negazione della dignità umana di una violenza che ha rari precedenti e che nelle ultime ore trova anche la sponda delle autorità russe, alle quali non risultano conferme delle denunce di Novaya Gazeta. Con ogni probabilità l’atteggiamento omofobo e criminale delle autorità cecene è dovuto alle difficoltà interne di controllo di una parte della popolazione islamista che ha fornito migliaia di foreign fighters all’Isis in Iraq e Siria, ma nulla giustifica la ragion di Stato ammesso che questo sia il problema del confuso teatro ceceno.

E’ bene quindi denunciare l’incredibile escalation persecutoria in Cecenia, l’aggravamento di una situazione simile alle peggiori pulizie etniche, senza dimenticare quei 76 stati del mondo in cui ancora l’omosessualità è un reato e quei 7 Paesi in cui ancora vige la pena di morte per omosessualità. Occorre mantenere accesi i riflettori sulla Cecenia senza dimenticare tutte quelle aree in cui le discriminazioni e l’omofobia si fanno largo anche quando non ce lo si aspetta, come per esempio anche nello staff del presidente americano Trump o nei molti stati Usa dove con la scusa della libertà religiosa è passato per legge la possibilità dei commerciati di rifiutare di servire clienti Lgbt per non parlare della polemica (assurta, e assurda, a questione nazionale) sulla frequentazione dei bagni pubblici delle persone transessuali sulle toilette  “gender free”.

Occorre ricordare che le cento persone internate in Cecenia, come tutte le persone Lgbt in queste situazioni, sono quasi sempre sole e senza alcun punto di riferimento. Per loro, non esiste focolare o famiglia che li accolga, come avviene per altre comunità discriminate. E’ chiaro che le sofferenze, le discriminazioni e le morti hanno tutte la medesima gravità, ma nelle modalità e nei motivi che portano la mente umana all’orrore, purtroppo, non c’è mai fine. Solo poche persone Lgbt russe e cecene che hanno chiesto aiuto sono state messe in salvo. Le ambasciate di tre Paesi europei si sarebbero attivate per accelerare le procedure di rilascio del visto. Proprio in questi giorni un omosessuale russo ha ottenuto dal tribunale di Salerno la “protezione internazionale” in base ad una legge votata dal Parlamento italiano nel 2005 grazie al lavoro del sottoscritto e del senatore Gianpaolo Silvestri dei Verdi, che riuscì a convincere il Senato con una intelligente mediazione che consentì di varare una norma per la quale chi era imputato nel proprio paese per un reato che in Italia non è considerato tale aveva il diritto al permesso di soggiorno e alla protezione internazionale.
I cattolici erano interessati alla protezione internazionale dei cristiani perseguitati mentre la battaglia parlamentare era partita alla Camera sul tema degli omosessuali perseguitati nel loro paese con il rischio della pena di morte (il deputato Calderoli della Lega Nord disse che se passava, com’è passata per fortuna, questa legge in Italia si sarebbero riversati 70 milioni di “finocchi” extracomunitari, gli replicai dicendo: magari! Il centrosinistra finalmente vincerebbe con un discreto margine).

Molti nel nostro paese non conoscono questa legge che si può applicare alle persone Lgbt omosessuali e non e che è in grado di alleviare molte sofferenze. Va detto che i gruppi “migra” dell’Arcigay stanno facendo un lavoro straordinario con le questure e i tribunali. Dal 2006 ogni anno un centinaio di omosessuali hanno ottenuto in Italia la “protezione internazionale” con permesso di soggiorno e la possibilità di lavorare. A tutt’oggi si tratta di persone perfettamente integrate che hanno trovato una valida alternativa di vita e spesso si sono letteralmente salvate da morte certa (si pensi alla mobilitazione internazionale di qualche anno fa per proteggere una lesbica iraniana di Londra a rischio lapidazione e che stava per subire il rimpatrio forzato, poi evitato grazie alla mobilitazione stessa).

In questo momento siamo tutti mobilitati, in Italia e nel mondo.  La mobilitazione è rivolta in primo luogo alle autorità russe perché si attivino seriamente per interrompere questo orrore e alle nostre istituzioni affinché il Governo italiano prenda una posizione forte e la Farnesina si metta in moto rapidamente per agevolare in modo concreto le procedure di richiesta d’asilo per eventuali domande provenienti dalla Cecenia. In questo senso è stata presentata una interrogazione al Ministro degli Esteri Angelino Alfano in Senato, primi firmatari Monica Cirinnà e Sergio Lo Giudice, sui 100 “triangoli rosa” rinchiusi in prigioni segrete in Cecenia in seguito a una vera e propria operazione di “pulizia” etnico-politica.

“Noi esistiamo” quindi. E siamo chiamati a rispondere con forza e solidarietà agli attivisti e alle attiviste russe impegnati in queste ore a proprio rischio e pericolo nel lavoro di pressione sulle autorità russe. Per questo è bene riempire le piazze con ogni forma di protesta utile a non far dimenticare questi orrori “moderni”. L’appello lanciato sabato 22 aprile e le manifestazione in varie città italiane, sotto lo slogan “Noi esistiamo!” assume in queste ore un’importanza fondamentale e una prova per le forze politiche e istituzionali italiane che non possono certo ignorare questi orrori. La campagna di solidarietà e vicinanza con gli omosessuali ceceni dal titolo “Noi esistiamo!” la possiamo trovare e condividere al seguente indirizzo facebook:

http://www.anddos-gaynet-roma.org/2017/04/21/cecenia-perche-essere-in-piazza-al-grido-di-noi-esistiamo/

*Franco Grillini – Presidente GAYNET


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