Juncker a Renzi: smetta di attaccarci. “Sulla flessibilità abbiamo dato.

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 Se continua faccia pure, ma me ne frego”. Il premier ai funzionari di Bruxelles: non mi fermate. Manovra sotto tiro alle Commissioni

Di Alessandro Cardulli

Volano gli stracci a Bruxelles. Il presidente della Commissione Ue prende di mira il presidente del Consiglio Renzi che, nelle interviste rilasciate a conclusione della Leopolda, ha di nuovo affermato che se la Ue non mette il timbro alla manovra di Bilancio, l’Italia non voterà il Bilancio europeo. Juncker non accetta che Renzi “continui ad affermare che le politiche di austerità sarebbero state continuate da questa Commissione come erano state messe in atto in precedenza”. Prende l’occasione di un incontro con i sindacati europei e nel suo intervento alza i toni. “Non può più dirlo – afferma – e se lo si vuole si può fare, ma me ne frego”. L’uso inusuale di quest’ultima parola fa scattare un segnale di allarme, significa che a Bruxelles ormai si sta perdendo la pazienza e non si accetta che Renzi Matteo scarichi le sue angosce perché la politica economica e sociale fa acqua da tutte le parti e sul versante del referendum i sondaggi continuano a farlo disperare. Non a caso anche alcuni dei commentatori ben disponibili nei suoi confronti cominciano ad avere dubbi, qualcuno parla di “disperazione” di Renzi Matteo. L’unico conforto in questi giorni gli viene da Gianni Cuperlo che in cambio di fumo gli ha acceso la sigaretta, si fa per dire, portando il suo sì al referendum in cambio di parole scritte sulla sabbia che il vento può portare via in un attimo in merito all’Italicum.

Dure critiche alla manovra nelle Commissioni di Camera e Senato

La parole di Juncker, fra l’altro, arrivano mentre il dibattito nella seduta congiunta delle Commissioni di Camera e Senato porta in primo piano dure critiche al decreto fiscale e alla  legge di Bilancio in particolare da parte della Corte dei Conti e dell’Ufficio parlamentare del bilancio (Upb) in audizione che parlano di coperture precarie, incassi incerti, conti a rischio. L’Upb in particolare aveva già criticato le stime di crescita inserite nella nota di aggiornamento.

Juncker lancia un avvertimento che Renzi e Padaon farebbero bene ad ascoltare. Dice: “La Commissione che presiedo ha introdotto nell’interpretazione del Patto di stabilità degli elementi di flessibilità che sono andati a beneficio di un certo numero di stati membri. Prenderei l’esempio dell’Italia perché l’Italia non smette di attaccare la Commissione a torto e questo non produrrà i risultati previsti”. Poi entra nel merito: Roma “può spendere 19 miliardi in più di quanto avrebbe potuto se non avessimo riformato il patto di stabilità nel senso della flessibilità”. Ancora: “Saggezza vorrebbe che tenessimo conto del costo dei rifugiati e del terremoto in Italia, ma tali costi equivalgono allo 0,1% del Pil. L’Italia ci aveva promesso di arrivare a un deficit dell’1,7% nel 2017, e ora ci propone il 2,4% (diventato 2,3% nella legge di Bilancio ndr). Quando, appunto, questo costo si riduce a 0,1% del prodotto interno lordo”.

Moscovici. Ci sono delle regole da rispettare da parte di tutti

A Juncker, il quale precisa che in ogni caso la Commissione continua a mantenere relazioni strette con il governo italiano come con gli altri governi, “per tenere d’occhio la situazione”, fa eco il Commissario Pierre Moscovici, presente insieme al ministro Padoan alla riunione dell’Eurogruppo, che invia un avvertimento indiretto a Renzi: “Anche se prendiamo in considerazione tutta la flessibilità, anche se il Patto è intelligente, ci sono delle regole che vanno rispettate da tutti. La Commissione è estremamente comprensiva, ma le regole vanno rispettate”. Padoan prende nota, ma diventa sempre più difficile il “lavorìo” dietro le quinte per trovare un compromesso tenendo conto che il tempo stringe visto che il 16 novembre sarà pubblicata l’opinione della Commissione. Certo non facilita la risposta data da Renzi al presidente della Commissione Ue  a stretto giro di posta.

L’arroganza del presidente del Consiglio: non guardiamo in faccia a nessuno

“Juncker – afferma Renzi  – dice che faccio polemica. Noi non facciamo polemica, non guardiamo in faccia nessuno. Perché una cosa è il rispetto delle regole, altro è che queste regole possano andare contro la stabilità delle scuole dei nostri figli. Si può discutere di investimenti per il futuro ma sull’edilizia scolastica non c’è possibilità di bloccarci: noi quei soldi li mettiamo fuori dal patto di stabilità vogliano o meno i funzionari di Bruxelles”. Manca la minaccia di non votare il bilancio della Ue. Renzi se l’è risparmiata per altra occasione. Ma la sua arroganza rischia di creare gravi danni per il nostro Paese proprio mentre la manovra mostra scarsa credibilità. Come, ribadisce la Cgil, non punta alla crescita, al lavoro, dei giovani in primo luogo, al miglioramento del tenore di vita delle famiglie, delle fasce più povere della popolazione.

Malgrado gli elogi del presidente Istat in manovra per i pensionati ci sono pochi spiccioli

Solo il presidente dell’Istat tesse gli elogi della manovra. Ricorda l’aumento della quattordicesima e l’incremento delle detrazioni Irpef, la no tax area per i pensionati. Dice che queste misure “innalzano di un miliardo il reddito delle famiglie”. “La misura – ha detto – interessa complessivamente il 5,2% della popolazione totale, pari a circa 3,1 milioni di persone, con un beneficio medio di 250 euro”. Ovviamente si tratta di un “beneficio” annuo lordo. Dividiamo per dodici mesi e lasciamo ai lettori il commento. Addirittura ci sono pensionati cui l’aumento sarà di tre euro al mese, trentasei in un anno.

Il governo si mostra molto generoso con le grandi imprese

In compenso il governo si mostra generoso, molto generoso, con le grandi imprese. Istat non può nascondere che dalla manovra risulta “avvantaggiato il 57% delle imprese tra riduzione dell’Ires, proroga del superammortamento e riduzione dell’Ace”, cioè i tre principali interventi sulle tasse per  gli imprenditori. “L’effetto combinato” di superammortamento e Ace “implica una leggera redistribuzione del carico fiscale a vantaggio delle grandi imprese, di quelle strutturate, delle esportatrici e di quelle ad alta intensità tecnologica e di conoscenza”. E le piccole e medie imprese? Stanno a guardare, come le famiglie, i lavoratori.

Il presidente dell’Upb: manovra piena di rischi senza un disegno organico di politica economica

Il presidente dell’Ufficio parlamentare del Bilancio, Pisauro, nel corso della sua audizione mette il dito sulla piaga, quella  per cui Bruxelles ha chiesto “informazioni”. Parla di una manovra che sull’equilibrio dei conti “non è priva di rischi”. Non tanto, dice, per l’incremento delle spese in deficit, quanto per “l’assunzione di impegni permanenti dal lato delle spese correnti, in particolare per le pensioni e il pubblico impiego, compensati solo in parte da entrate permanenti e certe”. Sarebbe bene che i sindacati firmatari del verbale d’intesa con il governo, Cisl e Uil, gongolanti, tenessero conto di quanto afferma Pisauro. Secondo l’Upb, la manovra e il decreto fiscale si caratterizzano per la presenza di “alcuni interventi di ampia portata (in particolare a sostegno degli investimenti privati) e molte misure frammentarie destinate a finalità diverse difficilmente riferibili a un disegno organico di politica economica”. Durissimo anche il giudizio espresso sulla rottamazione delle cartelle di Equitalia. “La cosiddetta rottamazione dei ruoli per gli anni 2000-2015 consentendo ai contribuenti di estinguere il debito di imposta al netto di sanzioni e interessi di mora finisce per premiare i contribuenti meno meritevoli e per questa via può contribuire a indebolire il senso di obbedienza fiscale della platea dei contribuenti”. Forti perplessità anche sulla riedizione della voluntary disclosure per cui “la quantificazione del gettito – spiega – rischia di essere sovrastimata”.

 Corte dei Conti: problematiche le coperture delle spese

Poco prima era stato Arturo Martucci Di Scarfizzi, presidente della Corte dei Conti, a parlare per quanto riguarda le coperture delle spese di “taluni elementi di problematicità che inducono a qualche approfondimento”, di “ruolo assegnato alla riduzione della spesa limitato”. Non solo: occorre fare attenzione al gettito previsto dalla lotta all’evasione fiscale, i cui risultati in passato non sono sempre stati “all’altezza delle aspettative”. Ancora: “Le maggiori spese sono compensate per meno della metà da tagli di precedenti autorizzazioni” e nel 2018 “a fronte di aumenti di spesa di oltre 15 miliardi solo 4,5 provengono da corrispondenti riduzioni”.

Bankitalia. Un contentino al governo. Ripresa moderata, ma non ci giura

Infine Bakitalia con il vicedirettore generale, Luigi Signorini. Dice e non dice. Si barcamena. Non vuole recare dispiaceri al governo. La vicenda delle banche in crisi, leggi Etruria e via dicendo, è ancora aperta. Ricorda che il governo prevede una crescita del Pil per il 2017 pari all’1%. Non ci giura, ma è possibile. Parla di ripresa “moderata” ma subito fa presente che “stenta a rafforzarsi”. Ha poi espresso riserve sugli incassi stimati dalla lotta all’evasione.

Da jobsnews


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