Addio Fidel, la tua rivoluzione ci ha cresciuto

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Addio Fidel.
Addio ad un condottiero, un uomo colto, intelligente, un comandante preparato, acuto, un rivoluzionario di cui il mondo ebbe bisogno.
Adesso, in questa società virtuale, nella quale anche gli stronzi hanno voce, diranno che eri un dittatore, un delinquente, un sovversivo.
Ma non curiamocene, perché tanto non ne sanno nulla.

Non sanno cosa fosse Cuba ai tempi di Batista. I tempi dei massacri, delle decapitazioni nelle campagne, della repressione su ogni forma di recriminazione popolare.
Non sanno nemmeno cosa significa, dopo una rivoluzione, governare un Paese che ha il fiato sul collo degli interessi americani, irritati, imbizzarriti perché qualcuno impediva la colonizzazione di un’isola strategica politicamente ed economicamente. Furiosi perché non capaci di infilare un altro Pinochet anche nella perla della Antille.
Non sanno, gli stronzi da tastiera, cosa significhi essere dentro una guerra fredda, resistere ai parassiti americani sulla Baia dei Porci, non sanno cosa voglia dire governare la propria gente con un embargo sulle spalle e un isolamento indotto dal gigante capitalista.
Non sanno cosa significhi resistere ai servizi segreti americani, ad oppositori vogliosi di violente restaurazioni (che oggi festeggiano), ai tentativi di assassinio.

Hai commesso anche errori inaccettabili certo e li hai commessi nei confronti di poeti e intellettuali che hai costretto all’esilio o al carcere, li hai commessi nei confronti dei cittadini che volevano uscire da Cuba. Ma le condizioni storiche e l’opprimente minaccia degli USA, il lavoro sporco compiuto dalla CIA per sobillare i tuoi oppositori filoamericani dall’interno, hanno reso a volte impossibile l’applicazione di una democrazia compiuta.
Ma di certo non hai mai commesso le atrocità che giustificherebbero il titolo nefasto di dittatore. Non hai smarrito l’amore per il tuo popolo, che nella povertà più nera non ha mai perso la dignità, non ha perso l’accesso all’istruzione e alla sanità.
Il tuo popolo è colto, istruito, la tua isola ha mantenuto la sua anima, mentre il mondo intero, il mondo delle democrazie capitaliste l’anima l’ha violentata, messa in vendita e gli ha attaccato un’etichetta e un prezzo.

Ecco perché, Fidel, oggi ti saluto con un inchino e con quel pugno alzato che un tempo significava davvero qualcosa. Anche se a volte non ti ho sopportato, anche se da appassionato della storia cubana, non ho perdonato il tuo calcolo politico una volta salito al potere, mentre il Che in Bolivia spegneva la sua vita e il suo sogno rivoluzionario di uguaglianza mondiale.
Addio Fidel, il Novecento è stato anche il tuo secolo. La tua rivoluzione è diventata di tutti noi. Su quella Sierra Maestra, con il pensiero e con voi, eravamo in tanti. E oggi ti diciamo grazie.


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