Giornalismo sotto attacco in Italia

Sette mesi senza Giulio, l’Italia arretra su caso Regeni

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Oggi sono trascorsi sette mesi dalla sparizione al Cairo di Giulio Regeni, il giovane ricercatore il cui corpo con terribili segni di torture venne ritrovato il 3 marzo alla periferia della capitale egiziana.

Era difficile immaginare passi avanti sul fronte delle indagini nel mese di agosto anche perché, nei mesi precedenti, a quelle indagini le autorità del Cairo non hanno mai dato disponibilità a collaborare fattivamente.

Ma in queste ultime settimane abbiamo visto segni preoccupanti di quello che pare essere un interesse superiore a quello della ricerca della verità per Giulio Regeni: la normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto.

A inquietare era stata già, all’inizio del mese, la nuova visita in Egitto di Lucio Barani, senatore di Alleanza liberalpopolare-autonomie, che anche questa volta – come ad aprile – ha sostenuto la tesi dell’omicidio di Giulio Regeni come azione volta a danneggiare le relazioni tra Italia ed Egitto.

Nessuno, nella maggioranza parlamentare di cui fa parte o nel governo sostenuto da quella maggioranza, ha preso le distanze da quelle dichiarazioni.

Tre giorni fa, il presidente egiziano Al-Sisi ha rilasciato una trionfante intervista al quotidiano Al-Watan, parlando della collaborazione in atto tra i due paesi e del riconoscimento, da parte del governo italiano, di questa fattiva collaborazione.

Quando è stato fatto questo riconoscimento da parte italiana? Da chi e in che forma? Sono domande a cui manca ancora una risposta.

Più passa il tempo e più la pretesa di non accontentarsi di niente di meno della verità rischia di essere poco credibile. L’Italia ritiene di aver fatto il massimo, col richiamo temporaneo dell’ambasciatore e la sospensione dell’invio al Cairo del nuovo titolare dell’ambasciata.

La sensazione è che la ricerca della verità per Giulio Regeni, da atto doveroso e necessario, stia diventando un ostacolo rispetto alla normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto.

Nel frattempo, al Cairo, la detenzione degli avvocati per i diritti umani Ahmed Abdallah (la cui organizzazione fornisce consulenza legale alla famiglia Regeni) e Malik Adly prosegue a tempo indeterminato.


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