La retorica del binario unico

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In Puglia è accaduto uno dei più gravi incidenti ferroviari della storia del nostro Paese: due treni regionali si sono scontrati nel tratto Andria – Corato, con un bilancio provvisorio di 27 morti  e almeno 50 feriti. Un incidente “inamissibile”, per dirla con le parole del Presidente della Repubblica che ha definito così il disastro che fin dai primi momenti ha lasciato ben poco spazio alla fiducia di poter trovare poche vittime.

La macchina dei soccorsi è stata puntuale ed efficiente;  molti volontari sono andati a scavare a mani nude tra le lamiere per cercare persone ancora in vita e i centri per la donazione del sangue negli ospedali pugliesi sono rimasti aperti fino a tarda ora per accogliere il gran numero di donatori che hanno risposto agli appelli alla donazione per i feriti. Mentre la situazione era tutta in divenire e mentre i tg e i siti web trasmettevano l’immagine dei due convogli accartocciati l’uno sull’altro, nei vari salotti, in primis sui social network ma anche in tv, sono fioccati commenti e analisi sulle possibili cause del disastro, dibattito che si rispecchia negli articoli di fondo di tutti i quotidiani italiani oggi in edicola.
Haters, odiatori ‘seriali’ sui social, a parte (con post dal sapore razzista del tipo “ah ma in Puglia ci sono i treni”, per citare il più tranquillo), i dibattiti e gli editoriali hanno seguito una narrazione trita e ritrita, ricca di stereotipi e di molta superficialità.

Molti editoriali hanno ricamato teorie sulla classica concezione del Sud con la sua arretratezza, quasi a far pensare che certe cose possano avvenire solo da Roma in giù, dimenticando totalmente episodi come quello di Viareggio che soli sei anni fa ha provocato un numero maggiore di vittime (e non mi soffermo in questa sede sulle altre tragedie). A questo si è aggiunto il leit motiv del binario unico, come se solo ora l’Italia scoprisse che la maggior parte dei suoi chilometri di ferrovia, e ovviamente non solo al Sud, viaggia ‘ad una sola corsia’.

Il sospetto è che molti commentatori non abbiano idea di cosa significhi viaggiare in treno tra i pendolari. Sulla tratta Lecco/Bergamo- Milano al mattino nell’ora di punta si viaggia rigorosamente in piedi, non mancano i ritardi e spesso e volentieri i treni non sono il massimo della pulizia. Senza dimenticare che il Lecco- Milano (via Molteno) è a binario unico, così come la linea  per Bergamo dopo la stazione di Carnate. Sul treno Barletta -Andria- Bari ci sono stato un paio di anni fa e ho viaggiato con piena puntualità in un vagone nuovo e attrezzato, probabilmente acquistato da poco.

Il vero nodo della questione, secondo me, l’ha individuato Giuseppe De Tomaso, direttore de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, che oggi sul suo editoriale si chiede perché il sistema di sicurezza che è in funzione da anni sui treni nazionali non sia stato attivato anche su quella tratta, lasciando la sicurezza alla comunicazione tra i due capitreno. Non vorrei che i veri temi del trasporto pubblico locale, quali la sicurezza e la qualità del servizio, in questo dibattito passino in secondo piano rispetto ad una spietata caccia all’uomo che fa molto comodo alla politica (“Non ci fermeremo finché non troveremo i responsabili” ha subito tuonato il premier Renzi) ma che nasconde sotto il tappeto i problemi del T.P.L. che da anni associazioni (come Legambiente) e pendolari invano cercano di denunciare.


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