L’orgoglio di una madre

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Non ci costringete a pubblicare le foto. A offendere Giulio di nuovo, a violare la sua dignità massacrata da chi prima lo ha torturato e infine ucciso. La mamma Paola ha aggiunto solo un dettaglio, terribile: “ho potuto riconoscerlo solo dalla punta del naso”. Ora vorrebbe giustizia, che dico giustizia, almeno che cessino le ingiurie, che si smetta di umiliare il buon senso e il pudore, che si ammetta la verità sull’assassinio di Giulio Regeni. Le persone come Paola fanno scoprire un’altra Italia, migliore. “Caso Regeni, la mamma scuote l’Italia”, titola a tutta pagina il Corriere della Sera. “Giulio torturato da nazi fascisti. Ma l’Italia non rompe con al-Sisi”, scrive il Fatto. Repubblica racconta “l’ultimatum dei genitori”, hanno dato tempo al governo fino al 5 per trarre qualche conclusione, poi mette in pagina: “La pista dei sicari armati dai servizi”. Poi gli articoli su questa “lezione di forza e di dignità”: Cazzullo, Calabresi, Travaglio. Un plauso al senatore Manconi, sempre attento alle vittime di tortura.

Libia, i piani dell’Italia per l’intervento. É il titolo della Stampa. Il giornale diretto da Maurizio Molinari spiega la vera posta del viaggio in America di Renzi. Altro che il sostegno all’hi-tech italiano: quello è il richiamo per le allodole, con buona pace di quanto aveva scritto ieri Federico Rampini. Obama gli chiederà di mandare in Libia 5mila uomini, la stessa cifra di cui avevano parlato la Pinotti e poi l’ambasciatore degli Stati Uniti. Renzi per ora risponde “solo aerei e commando (di elite). Sul Corriere Paolo Mieli prende posizione: “Evitiamo avventure in Libia”. No a un intervento armato italiano. Il governo che dovrebbe chiederlo – spiega Mieli – somiglia, infatti, a un governo fantoccio. Appoggiato, al più, dalle milizie di Misurata; con un premier, Serraj, che non è gradito a Tripoli, dove siede l’esecutivo prossimo, ai Fratelli Musulmani, né a Tobruk, dove l’altro dei due “governi” libici è sotto l’influenza, o il ricatto, del generale Haftar, appoggiato dall’Egitto. Paolo Mieli ricorda gli errori americani in Viet Nam, l’appoggio a un governo collaborazionista, presto deposto da un esecutivo militare, tanto feroce quanto corrotto, la rivolta buddista, Nord-vietnamiti e Viet-Cong alla fine vincitori.

Migranti, il patto Turchia-UE sta andando molto male, titolo della Stampa. “A Bruxelles sono convinti che l’intesa non risolva proprio niente”. Dunque ci siamo venduti per nulla. Nel prossimo numero di Left, quello in edicola sabato prossimo, leggerete Demirtas, leader dei partito curdo democratico, che ha superato in due elezioni consecutive la soglia del 10 per cento, nonostante le stragi consumate dall’IS e ordinate da Erdogan. Demirtas definisce “un baratto” quell’accordo e accusa l’Europa di aver “tradito” se stessa, non difendendo libertà e diritti come i trattati le imporrebbero di fare. Spiega Demirtas che il governo turco sta massacrando i curdi, colpendo i loro villaggi, fiaccando le milizie che, in Siria e in Iraq combattono il Daesh. Il suo obiettivo è provocare reazioni disperate di frange che si sentono già vittime di un olocausto. Reazioni orribili, come la strage di Ankara ad opera di una frangia curda, che aiutano il governo a far crescere un clima da guerra civile. Demirtas, ovviamente, è parte in causa. Interessante la lettura di Bernardo Valli, oggi su Repubblica: “I demoni della Turchia tra i profughi siriani e la voglia d’Europa”.

Da corradinomineo


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