Giornalismo sotto attacco in Italia

Terre sequestrate alla camorra: tiriamo un pacco al malaffare

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Non conoscevo Antonio Picascia (nella foto), l’imprenditore di Caserta, al quale la camorra ha bruciato la fabbrica, perché si era ribellato al pagamento del pizzo. L’ho incontrato alla festa di Articolo 21, dedicata a coloro che “illuminano le oscurità”, perché Valerio Cataldi, coraggioso ed appassionato inviato del Tg2, lo ha invitato e ha voluto che raccontasse la sua storia e il suo progetto.

Antonio, senza nulla concedere alla retorica, ha raccontato della sua ribellione, dell’incendio alla fabbrica, dei capannoni distrutti, della disperazione sua e dei suoi familiari, della vita sotto scorta, ma anche dell’incontro con donne e uomini, a cominciare da quelli di Libera, che lo hanno aiutato ad uscire dalla “caverna” e riprogettare il futuro.

L’incontro decisivo è stato quello con gli animatori della Nco, acronimo scelto per sbeffeggiare la nuova camorra organizzata, diventato prima Nuova Cucina Organizzata e poi Nuova Cooperazione organizzata. I prodotti ricavati dalla terre sequestrate ai camorristi hanno alimentato gli scaffali dei negozi e le cucine dei nuovi ristoranti della legalità. Donne e uomini che avevano quasi perso ogni speranza, hanno ripreso a coltivare i campi sottratti al malaffare.

Simmaco Perillo ha fondato la cooperativa “Al di là dei sogni” che ha messo insieme persone strappate agli ospedali psichiatrici giudiziari. Antonio Picascia ha cominciato a produrre, nello stabilimento bruciato,Cleprin, bustine di detersivo a basso tasso di inquinamento, quasi una beffa verso i signori e i padroni dei rifiuti e delle discariche che hanno avvelenato la terra dei fuochi.

Tutti insieme lui, Simmaco Perillo, Peppe Pagano, straordinario animatore della Nuova Cucina Organizzata, hanno inventato una confezione chiamata “Fai un pacco alla camorra”, piena di prodotti inventati da chi si batte per la legalità e contro la camorra.

“Non dobbiamo pagare il pizzo a nessuno, siamo cittadini, dobbiamo pagare le tasse. L’incendio della mia fabbrica è stato, da parte della camorra, un atto di debolezza, non di forza, vogliono intimidire chi si ribella. Le scelte che dobbiamo fare sono semplici: giustizia, legalità, coscienza”. Parole di Antonio Picascia e di chi, come lui, ha davvero deciso di “tirare un pacco alla camorra”.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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