Un mansionario per la vita pubblica

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Nel tempo romantico delle burocrazie innocue, quando gli impiegati indossavano le mezzemaniche ,    imperava negli uffici un piccolo manuale chiamato  “mansionario”. Vi si leggevano, elencate con estenuante  meticolosita’ , le mansioni di ciascuna qualifica degli  impiegati , non ancora sotto la tutela poi debordata dei sindacati , al tempo impegnati nelle fabbriche. In una amministrazione pubblica almeno nelle intenzioni (ahime’, soprattutto nelle intenzioni), improntata all’efficienza , alla responsabilita’,all’efficacia , alla collaborazione reciproca ed alla cultura del risultato , il posto del mansionario e’ la  soffitta , il  baule dei ricordi.  Eppure , dell’introduzione  di un sintetico  mansionario per la politica e le istituzioni   , meno puntiglioso ma chiaro , si sente un gran bisogno nella vita pubblica   , nella quale sembra scomparso l’ interesse  a svolgere   la propria funzione ;  e la tendenza conduce  verso un mestiere unificato.                                                                                                 Gli uomini politici    in funzione di uomini di parte o di governo  sono  per una volta al posto giusto,  ; ma altri  politici in veste arbitrale ,quali i presidenti di assemblea parlamentare , spesso incapaci di tenere per se’ le proprie opinioni di merito ; sindacalisti  senza freni , magistrati dei piu’ svariati ordini e gradi , giornalisti scriventi o parlanti  , grand commis e pubblici dirigenti , addirittura su certi temi  alti prelati , uomini di banca e di finanza  , in un recente passato addirittura commissari della patriottica e universale  croce rossa ( ad un passo dall’ essere gettata in campagna elettorale) ,membri di autorita’ indipendenti , in un elenco incompleto per difetto, si comportano genericamente come soggetti politici : nel senso di entrare, indistinguibili dai titolari,  nel dibattito politico  perseguendo  obiettivi di visibilità e promozione personale o di supporto ad istanze politiche .

E’ il rovescio della medaglia (o la nemesi? ) della occupazione da parte della politica di tutti gli spazi suscettibili in qualche modo di produrre consenso , fondata su un malinteso e incontenibile  concetto di ” primato della politica”. Concetto nobile e necessario nelle democrazie, a patto che ne sia delimitata con sapienza l’area di esercizio .  Un bel mansionario per tutti costoro ,che li riporti in sè . Via via, l’argomento politico o parlamentare del giorno offre un  campionario di “unificazione  mansionale”. Il menù del giorno , una legge di stabilita’  in gran parte ancora virtuale , registra la pubblica esternazione ( con sconfessione del testo ) di uno stimato e   prestigioso economista al momento presidente dell’Istituto della previdenza sociale , la cui competenza lo induce talora all’esuberanza e allo sconfinamento . Cosi’ fu quando  si autoinvesti’ della proposta , tipicamente governativa o parlamentare , di prefigurare  massicce compensazioni di reddito  tra pensionati ‎; cosi’ e’ oggi , quando preannuncia , in concorrenza con il capo del governo o il ministro competente ,  future riforme del settore a causa dell’occasione perduta da questo governo .

Alla esplicita e pubblica sconfessione di una discussa norma del disegno di legge di stabilita’, relativa al tetto nell’uso del denaro contante, non si sottrae l’altrettanto stimato e  prestigioso magistrato al momento  presidente dell’ autorita’ anticorruzione , con esagerazione italiana collocato incolpevolmente  sul piedestallo riservato ai  miti . Recidivo lui medesimo . Figure, entrambe,  davvero di rilievo nazionale, e meritevoli di attenzione nel merito le rispettive opinioni. ; ma figure rigorosamente estranee al procedimento legislativo , salvo che ad immettervele siano i due       rami del  parlamento     , attraverso gli  appositi strumenti regolamentari dell’ audizione o dell’indagine conoscitiva.  Figure  inoltre, entrambe , sempre consultabili dal governo.Pullula di analoghi esempi , pressochè quotidianamente , la nostra vita pubblica , come dimostrano temi  di eterna discussione quale quelli delle unioni civili: rispetto ai quali si pretende ,da parte di chi ha un titolo morale ,di estendere i dogmi dell’ortodossia cattolica a  chi non si senta di praticarli.  Ed e’ singolare che la sensibilita’ alla critica verso il  proprio operato‎ da parte del capo del governo lo  porti a rivolgersi   con ironica veemenza verso i parlamentari – in particolare se suoi compagni di partito – che si esprimono in piena coerenza con il proprio ruolo e il proprio mandato ; e mostri inusuale e irrituale indulgenza  nei confronti della critica proveniente da posizioni prive del titolo richiesto.
A dimostrazione che la confusione regna sovrana.


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