Rai: le scelte editoriali e strategiche pravalgano sul consueto “giro di poltrone”

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“Uscire  dalla dittatura degli ascolti…bisogna introdurre elementi di discontinuità nei linguaggi e nella offerta editoriale…” Questi alcuni dei passaggi dell’intervista rilasciata al direttore del Foglio, Claudio Cerasa, dal direttore della Rai Antonio Campo Dell’Orto. Vedremo quali saranno le proposte concrete e le scelte conseguenti, ma intanto non possiamo che salutare con favore questo deciso spostamento di attenzione verso il contenuto, che poi sarebbe la qualità dell’acqua in uscita dai rubinetti della Rai e destinata al cuore, alla mente e alle viscere degli spettatori, tanto per parafrasare Enzo Biagi. In queste ore, dentro e fuori la Rai, gli occhi sono puntati, ancora e per l’ennesima volta, sulle modalità del controllo del potere, sull’organizzazione del consenso, sugli organigrammi prossimi venturi.

Quanti saranno i vice direttori generali? Quando cambieranno i direttori? Chi è il più renziano del reame? Già crescono le schiere dei convertiti che, per altro, sono quasi sempre gli stessi di sempre, quelli che hanno scelto di vivere genuflessi e non certo per una scelta religiosa….

Sia come sia ci auguriamo che Campo Dell’Orto, insieme alla presidente Monica Maggioni, e al Consiglio di amministrazione, voglia  davvero anteporre le scelte strategiche ed editoriali all’ennesimo scontato e ritualissimo “giro di poltrone”.

Le donne e gli uomini che saranno chiamati a dirigere o saranno confermati (perché in questa Rai non mancano certo le professionalità ed i talenti), dovranno discendere da un progetto e da una riflessione sulla missione del servizio pubblico oggi.

Si dovrà ripartire da quel confronto e da quella discussione che, per la verità, avrebbero dovuto precedere l’approvazione di una nuova legge e la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione. Se davvero questo dibattito si farà, sarà il caso di coinvolgere il più  ampio arco di forze culturali, sociali, professionali, imprenditoriali, con l’obiettivo di uscire davvero dai circoli chiusi ed autoreferenziali e di esplorare nuovi linguaggi e nuove frontiere tecniche, tecnologiche, ma anche etiche ed antropologiche.

La  “Nuova Rai”, per fare un esempio dovrà essere più o meno libera nei confronti dei poteri, di qualunque natura e colore esso siano? Dovrà esplorare le periferie del mondo o rinchiudersi dentro i confini nazionali? Potrà farlo disponendo di tutte le piattaforme o dovrà tenere inserito il freno a mano, pur di non disturbare i competitors di sempre? Potrà e vorrà contrastare i linguaggi dell’odio, della disgregazione sociale, della diffusione del razzismo o si piegherà allo “spirito dei tempi?”
Un conto è raccontare la paura ed il malessere sociale, altro è alimentarlo, magari per conquistare qualche ascoltatori in più.

Se uscire dalla “dittatura degli ascolti” significherà anche contrastare questa deriva, la pigrizia del format sempre uguale, la tendenza alla banalizzazione, alla omologazione, alla rincorsa del modello commerciale, l’annunciata discontinuità non potrà che essere accolta con favore e con animo libero da qualsiasi pregiudizio.

Dal momento che, sin qui, le delusioni non sono certo mancate, sarà tuttavia prudente attendere il passaggio dalla fase degli annunci a quella delle proposte.

Nel frattempo sarebbe auspicabile che il governo e il Parlamento riprendessero subito la discussione per arrivare davvero ad una radicale riforma della legge Gasparri e per dare alla Rai una nuova veste normativa, magari sul modello della BBC.
Sino ad oggi questo percorso non è neppure Iniziato, ed il testo approvato al Senato non marcia certo in questa direzione.

Nella scorse legislature, per limitarci ai soli progetti del Pd, Valter Veltroni e Paolo Gentiloni presentarono proposte che riducevano davvero il controllo dei governi e dei partiti e separavano  nettamente gli indirizzi dalla gestione.
Sarà il caso di ripartire da quelle proposte e di aprire una discussione a tutto campo con  le altre forze politiche; magari senza dimenticare che l’Italia aspetta ancora di avere la legge sul conflitto di interessi e i nuovi limiti antitrust, visto che la legge Gasparri , con buona pace dei neoconvertiti, marcia esattamente nella direzione contraria!


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