In attesa del 31 di maggio. Caffè del 13

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La notizia politica? Per le regionali si vota il 31 maggio, fra 80 giorni. In queste 11 settimane e mezza Berlusconi cercherà di corteggiare la Lega per ridurre le perdite elettorali. Renzi blandirà Parlamento e minoranze Pd, rinunciano a decreti e sfide, e sperando che gli incentivi agli industriali facciano crescere il numero degli assunti (precari)

Stampa: “Ecco la nuova scuola di Renzi”. Corriere; “Più poteri ai presidi”, Repubblica: “Prof scelti dai presidi e soldi a chi merita”. Dietro gli annunci, la verità è che Renzi ha deciso di  condividere con la maggioranza parlamentare la responsabilità della riforma della scuola. Ha dunque messo all’angolo  i Faraone, le Giannini, le Puglisi che -maestria del leader?- pare non se ne siano accorti. Gli scatti di anzianità non si toccano. I precari delle liste a esaurimento si assumono tutti (anche se non servono), perchè “se le chiamavamo a esaurimento dobbiamo esaurirle”. Gli altri precari si vedranno riconosciuti “titoli” per i concorsi. Un bonus che i presidi potranno distribuire agli insegnanti, l’autonomia intesa come rapporto con il territorio.

E l’idea di scuola? A cosa serve? S debba trasmettere più nozioni e insegnare più materie, oppure occuparsi della formazione, puntare sull’apprendimento di un metodo e sull’affinamento di capacità logiche? Come rimettere la classe al centro dell’attenzione e, nella classe, evitare che ogni insegnante si consideri una monade indipendente? Risposta non pervenuta. Renzi dà per scontato il passato e immagina solo il domani immediato, non gli interessa guardare oltre. Il Parlamento saprà fare meglio? Lo spero.

Sulla Rai troverete un Grasso (Corriere) che ne chiede la privatizzazione. Totale o per la gran parte, cioè lasciando nel dominio pubblico una cosettina inessenziale dove  possano liberamente giocare finti e autoproclamati esperti massmediologi, come l’autore dell’articolo. Claudio Tito, per Repubblica, ricorda invece che “il vestito della televisione italiana è stato cucito sulle misure di Berlusconi”. “Quasi il 50 per cento del mercato pubblicitario è occupato dalle tv. E di questa quota oltre il 60 per cento è in mano alle emittenti del Cavaliere. La Rai è bloccata da un tetto che ne limita il reperimento delle risorse”. Aggiungo: Mediaset voleva tre reti in chiaro e alla Rai sono rimaste tre reti generaliste, i cui palinsesti vanno alimentai. Se la risorsa pubblicitaria scema e il canone diventa una tassa odiosa, la qualità dei programmi crolla per forza. Inoltre nessun parlamentare, nè di destra nè di sinistra, rinuncerebbe mai ai Tg regionali (che costano molto). Mentre quel che resta degli autori e dei produttori di italici audiovisivi, vive grazie alla Rai.

Questa è la realtà. Dunque, prima di tutto, norme anti trust e contro ogni conflitto di interessi. In secondo luogo, bando alle ipocrisie: volete i tg a Catania e a Bolzano? Volete che la Rai produca “cultura” italiana? Bene, allora fuori le risorse. Quanto alla “governance”, Giannelli sisegna un Renzi domatore che piega il cavallo di viale Mazzini. Per la soluzione ventilata (amministratore scelto dal governo, ma 4 consiglieri su 7 nominati dal Parlamento a camere riunite e uno dai dipendenti) non è più governativa dell’attuale.

Libero: “Cribbio riprocessano il Cav”. Giornale: “Il linciaggio continua” (Ce l’ha con i vescovi!). Il Fatto invece: “Aveva ragione Bocassini”. “Prostituzione (anche minorile) e abuso di potere ci sono stati. Solo è cambiata la legge”. E B poteva non sapere la vera età di Ruby. Non amo ripetermi: per fare un favore alla destra, Berlusconi dovrebbe lasciare.

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